tiziano rossi
TIZIANO ROSSI "QUALCOSA DI STRANO" ED. LA VITA FELICE, 2015
Tiziano Rossi, poeta di lunga e onorata militanza letteraria, dalla seconda metà degli anni duemila, ci ha abituati alla proposta di volumi costituiti da prose brevi. Il più recente, "Qualcosa di strano" (Edizioni La Vita Felice, 2015), conferma questa tendenza in cinquantotto tappe definite "raccontini". Qui siamo non solo, come detto giustamente nel risvolto di copertina, ad una scrittura prossima al cosiddetto grado zero, ma anche ad una intenzione peculiare alla connotazione che Rossi imprime ai passaggi. In genere la prosa breve dei poeti punta ad una specifica ricerca linguistica che partorisce prose creative o poetiche. L'autore di "Qualcosa di strano" sembra volere invece un mantenimento, pur nel tempo minimo, della specifica narrazione, preoccupandosi principalmente dei tratti psicologici e dei risvolti ambigui che la realtà del quotidiano racchiude. L'esperienza dell'imprevisto rasserenante o inquietante, la possibilità del sentimento più intimo anche nel contesto apparentemente meno adeguato. L'elemento rivelatore quindi intende basarsi esclusivamente sulla linearità di un dettato essenziale e minimale. Un progetto che, per alcuni aspetti, fa pensare ad una affermazione di Francis Ponge: "la stessa opera mi pare a volte come il tunnel, la galleria o infine la stanza che io stesso ho aperto dentro la roccia". Le cose sono nitide nella misura in cui possono dire quello che scaturisce da una situazione apparentemente semplice, dove l'attesa si stempera in una conclusione che anticipa il possibile e, nello stesso tempo, mantiene stabile un'apertura verso altro inizio. La manifesta prevedibilità viene quindi ribaltata dall'emergere netto di una diversa prospettiva, compresa nella successione di stati che mai subiscono lo slittamento incontrollato; i moti in potenza convulsi sono quasi sempre sotterranei, mentre in atto vediamo la fisica dei corpi intendere una esistenza quale qualità di enti concreti e inseribili in un tracciato che fa dell'umano il tratto distintivo che abita l'unica realtà oggettuale di empirica acquisizione. Eppure, proprio lo stesso senso d'apertura conduce verso l'altro intuibile o inimmaginabile in meccanismi mai del tutto rappresentabili in modo univoco. Anche il tono del tragico, comunque presente, è stemperato in una sorta di delicatezza asettica evocante la considerazione su l'uso di vivere la quotidianità nella cornice metropolitana, per lo più, o in quella agreste, che si rivelano oggettivi teatri delle situazioni e degli stati d'animo intrisi di una vaga attesa... qualcosa sembra, in parte, rievocare i tratti narrativi di un altro importante poeta, Paolo Ruffilli, in quello che fu un suo titolo "Preparativi per la partenza". Perché, in questo edito, Tiziano Rossi riafferma il mai prevedibile epilogo di tutto ciò che appare come dato acquisito, dove non manca perfino il miracolo, e affidandosi ad una scrittura dove l'essenzialità diventa mattone portante della necessità costruttiva.
SPIGOLI DEL SONNO DI TIZIANO ROSSI (Mursia,2012)
Le prose brevi di Tiziano Rossi in "Spigoli del sonno" (Mursia,2012) sono veri e propri cammei icastici che si susseguono in una galleria di sequenze, tappe, da retablo narrativo. La forte tradizione della pratica poetica che ha caratterizzato il percorso di Tiziano Rossi è giunta, negli ultimi anni, alla prosa breve nell'ottica di una compattezza e compostezza incisive. Tracce di osservazione filosofica, acume poliedrico, tessitura evocativa, evidenziano l'intenzione di concentrarsi sul "qui e adesso" citato già nel primo testo, dove il flebile belato di un gregge diviene un accordo teso a esprimere la complessità del reale, così come diventa acquisizione psicologica il rovesciamento dei ruoli tra cane e padrone, in cui è il primo a provare vera e autentica compassione nei confronti del secondo. E gli animali, così come gli umani, si presentano protagonisti in una sorta di "anima mundi" che evoca tutti i livelli della successione evolutiva, dunque nel cuore di anime vegetative, sensitive e intellettive. Il testo apre moti dell'animo dove sorgono istinti negativi, contraddizioni grottesche, svolte surreali, e conclusioni di spessore quali il prendere atto che " gli esseri viventi non sono intercambiabili" (anche quando ciò si riferisce ad un cane). La condizione dell'infanzia appare in molti modi, quasi a stabilire l'intrinseca necessità equivoca dei ricordi, il senso di entusiasmi e afflizioni vissute nel non-tempo della memoria; attraverso volti e nomi determinati a porsi quali mattoni di una costruzione policroma ma uniforme, proporzionata nella considerazione che, a volte, le cose fanno insieme male e bene. Così il velato masochismo di un personaggio che vuole essere punito attraverso gli sputi lanciati da un monello appostato sul balcone di casa. Fino a portare quest'ultimo ad una imprevista commozione tale da far sgorgare in lui parole gentili. L'estro malandrino e sensuale della giovinezza, l'acido e vendicativo livore di certa vecchiaia, il coinvolgimento inatteso nell'osservazione (Rossi fa dire a un suo personaggio "ma che c'entro io in tutto questo?"), il ritorno dei genitori risorti intenti, come sempre, alle raccomandazioni di rito, impreviste esecuzioni, violenze incontrollate, malattie dialoganti, suicidi inutilmente esemplari, tenui acquerelli d'improvvisa e colta allegria, variopinti bestiari, improbabili processi, sequenze ladresche, armadi antropomorfi, intrattenimenti salvifici, tepori agresti, inducono a credere che qualcosa possa ancora tendere a un senso. A differenza del concetto di "conclusività" affermato da Guido Oldani nella nota, vedrei questa raccolta di prose all'insegna dell'apertura, dell'inizio... spigoli di un sonno che sta per trasformarsi in una veglia. Tiziano Rossi, in questo suo esito, confida nella complicità di un lettore attento ad una ontologia del segno/mappa che si fa discorso sull'ente/segnale, all'interno di un evento che determina il linguaggio.
Tiziano
Rossi “Piccola orchestra” (Edizioni La Vita Felice, 2020)
Tiziano Rossi, poeta di lunga e accreditata militanza letteraria, ha dato
alle stampe un testo che raccoglie brevissime prose essenziali, “Piccola
orchestra”, definite antifavole e dicerie. Non nuovo a questa formula
espressiva, Rossi sperimenta l’uso calibrato di un lavoro teso, come dice nella
prefazione Stefano Raimondi, ad una vera e propria sottrazione del dire, in una
prosa sostanzialmente ancora determinata ad essere comunque narrante. Il tutto
addensa climi esigibili di costante e signorile ironia, con aspetti di vera e propria
comicità in un teatro di figure che caratterizzano ogni profilo. Molte
conclusioni rapide dei brevi passi indicano la via inevitabile di un epilogo
spesso secco e amaro, ma senza che l’autore perda il suo distacco misurato e la
sua funzione di osservatore lucido e disincantato; indicativo il personaggio
affezionato alla borsa dell’acqua calda con la quale instaura un rapporto
affettivo, del tutto impossibile invece nei confronti di un cucciolo di cane,
cacciato a pedate. Una fonte d’ironia a volte cinica che intende smascherare
ruoli superficialmente acquisiti e che , in realtà, nascondono tratti
imprevedibili e spiazzanti. Anche le figure animali assumono connotazioni
capaci di rappresentare esiti e stati che volgono a sviluppi classici nel
paradosso che si fa insegnamento, esprimendo difetti e toni esplicitamente
antropomorfici. Il percorso dei racconti tende a riferire
escludendo, sia negli aspetti più concreti che in quelli surreali,
una qualsiasi espressione consolatoria o giustificativa. La traccia registra,
attraverso l’osservazione dell’autore, con un elegante distacco, ironico e
cinico, il semplice svolgersi di eventi che improvvisamente si concludono in un
carattere di sospensione privo di risposta. Scrive Tiziano Rossi, in un finale
esemplare: “ Ora quella morbidissima cadenza del mezzo sta lievitando ed ecco
che l’autobus addirittura si libra sereno nell’aria: è un fatto che nessuno ha
voglia di interpretare”. Sembra proprio che l’intenzione dell’autore sia quella
di comunicare episodi distaccati e avulsi da una qualsiasi logica prevedibile e
capaci di porci all’osservazione del minimo atto in sé estraneo alla
spiegazione, quasi che la vitalità del contesto non necessiti di elementi
assolutori per realizzarsi e ci mantenga nell’impossibilità di asserire. La
scrittura si presenta sempre di una totale e assoluta semplicità; un dicibile
posizionato nel ritmo costante dei brevissimi racconti, come tappe di un
succedersi di attimi regolati da un timbro di pacata inevitabilità. Tale clima
appare riconfermarsi anche nella sezione che coinvolge nomi di poeti e filosofi
anch’essi inseriti in questa equilibrata partitura che determina il luogo del
possibile e, nello stesso tempo, del surreale, coniugata in una sintesi corale.