Martín Poni Micharvegas
IN MEMORIA DEL POETA ARGENTINO MARTIN “PONI” MICHARVEGAS
Nato il 30 novembre del 1935 a San Fernando, provincia di Buenos Aires, in Argentina, Martín “Poni” Micharvegas – pseudonimo di Luis María Martínez Cornaglia - poeta, musicista, pittore, medico e psicanalista, fu un attivo animatore culturale tra gli anni ’60 e ’70. Dopo il golpe militare del marzo 1976 fu costretto all’esilio, dapprima in Brasile, poi in Spagna. Qui pubblicò nell’arco di vent’anni una quindicina di volumi, tra i quali: “La palabra es un hecho”, 1980; “Dichosos los ojos que te ven!”, 1988; “Narrenturm: La Torre de los Locos”, 1994. Nel 2004 partecipò come condirettore alla rivista on line “I poeti nomadi” (fondata e diretta da Enea Biumi) dove si raccolgono lavori e contributi di autori contemporanei in varie lingue. Morì a Madrid il 10 novembre del 2016.
“Al fondo della sua costruzione letteraria – afferma il critico spagnolo Jaime Barrios Peña – percepiamo il rimpianto dell’esilio, la sua costante protesta davanti all’ngiustizia e alla discriminazione degli uomini.” Infatti, per Micharvegas la forza della poesia e dell’arte è maggiore di qualsiasi volontà di potenza e di dominio dell’uomo sull’uomo. L’esilio del poeta diventa così una metafora delle condizioni e dei rapporti umani, da cui scaturisce la grande utopia di chi crede ancora nella democrazia e nella giustizia. Non a caso il suo detto più efficace fu: “Si hay hambre, no hay hombre”. In questo senso si rivelò animatore culturale sensibile e deciso, con una voglia di cambiamento forte e comunque sempre in favore del più debole. Terremoto vero e proprio in qualsiasi momento di discussione e di apprendimento, spesso imprevedibile come il tempo di marzo qui da noi: la sua parola era la vita stessa, la sua arte incorporava una umanità indescrivibile e dolce, nonostante il suo animo fosse un vulcano in continua eruzione.
Ho incontrato per la prima volta “Poni” in un nebbioso e piovoso dicembre del 2000. Eravamo entrambi ad una mostra dell’amico pittore argentino Julio Paz, a Milano. Luogo meraviglioso per un incontro di persone già amiche ancor prima di conoscersi. L’arte di Julio, le parole di Poni, gli sguardi, i sorrisi, il detto e il non detto, ci portarono ad accrescere i nostri sentimenti di consapevolezza artistica. Ci radunammo in seguito a Luino, con altri amici poeti, in letture estemporanee di poesia. “Perdersi per ritrovarsi” fu un improvvisato motto del momento - come una delle sue tante “parajodas”. E nelle fredde e perse sere della Lombardia ci riscaldammo col ricordo della terra dei padri. Sì. Perché Poni era di origini piemontesi e ritrovò nel cibo, nel vino, nei sapori, nel calore di una più solida amicizia le sue radici disperse col tempo. Mentre si dialogava, Poni disegnava. Veloce, sicuro, con mano ferma. Erano volti di donne che scaturivano quasi per incanto da un nero pennarello. Immergeva poi un dito (oppure un sigaro) nel barbera e con qualche goccia di vino coloriva le guance o gli occhi o i capelli. Poi io cantavo qualcosa in dialetto milanese. Lui si accompagnava con accordi che sapevano di gitano. La notte trascorreva così. Disegnando, cantando, parlando di poesia.
Enea Biumi
En la tumba de Dylan Thomas. Foto: Gloripe Antón (Gales, Inglaterra, 1993)
LA POESIA DELL’ESILIO NELL’ESILIO
di Enea Biumi
Martin Micharvegas ( Poni per gli amici) è nato a Buenos Aires, Argentina, nel 1935. Nelle sue opere scorgiamo una grande attenzione non solo per l’arte strettamente poetica, bensì per l’arte in generale, che diventa, in tal modo, segno grafico, pittura, documentazione visiva del dramma interiore d’un popolo lacerato e costantemente vinto dall’oppressione dittatoriale. A ciò si deve aggiungere la sua appartenenza -come dice lo scrittore e poeta Jaime Barrios Peña- “al discorso meticcio latinoamericano.” Appartenenza che lo rende, da una parte, ancor più potente e forte nella protesta, dall’altra, più sensibile e vulnerabile.
“Al fondo della sua costruzione letteraria, infatti -prosegue sempre Jaime Barrios Peña- percepiamo il rimpianto dell’esilio, la sua costante protesta davanti all’ingiustizia e alla discriminazione degli uomini e la ricerca delle origini, come colonna vertebrale dei supremi valori spirituali. In questo poeta, pittore e psicoanalista, ci commuove la sua vocazione per la libertà in favore del popolo argentino, vittima per decenni degli “squadroni della morte” e del genocidio più obbrobrioso che si sia registrato nella storia dell’Argentina.”
Lacerante è l’urlo che scaturisce dalla riflessione -poetica e grafica- che Micharvegas attua nelle sue opere. Laddove, certo, non mancano accenti di speranza: di resurrezione, di vitalità, perché nulla è scontato, tanto meno in paesi dove la dittatura domina e la fa da padrona. In questo senso il messaggio equivale ad una dichiarazione di poetica. Vale a dire che la forza della poesia (e dell’arte in generale) è maggiore di qualsiasi volontà di dominio e di potenza dell’uomo sull’uomo. Che l’arte affratella e accomuna. Crea amici e compagni di viaggio. Nella lotta estrema per la salvezza (non certo dell’anima -quella gliela lasciamo volentieri ai mistici- ma del corpo: e dio sa, in una nazione divenuta tristemente famosa col termine desaparecidos, come ciò sia drammaticamente tragico).
“In due delle sue raccolte - afferma ancora Jaime Barrios Peña (La palabra es un hecho, La parola è un fatto, 1980, e Dichosos los ojos que te ven, Gioiosi gli occhi che ti vedono, 1988) si osserva quella particolare verità dell’essere umano e del suo errore primordiale, così come l’angustia che si genera, ancor più lacerante, quando la forza dell’oppressione della tirannia secolarizza la morte attraverso il terrorismo di stato.” E Luis Eduardo Aute conferma con parole più da amico che da critico il giudizio finora espresso. Dice infatti di sentirsi “trascinato dall’incontro con Poni: un incontro molto più elevato e profondo. Sento -sostiene- che ora quell’incontro si produce in un epicentro vulcanico. Poesie, sentenze, disegni racchiudono e chiariscono ragione e cuore, scienza e coscienza, turbinii di traboccante immaginazione... tutto tanto immenso e intenso che mi sento investito, punto, scosso dalla vastità creatrice di questo poeta, di questo “prestidigitatore” della parola. E’ proprio vero che nel caso di Poni la parola è un fatto.”
In questo contesto anche l’amore, in Micharvegas, diventa un elemento di estrema importanza: non in sé, ma in quanto mediatore tra sé e l’altra, tra sé e la sua propria vicenda politica. La grande utopia di chi crede ancora nella giustizia e nella democrazia. Ed anche l’amore parla di esilio: ne deve fare i conti, perché la condizione dell’esilio diventa la nota dominante dei rapporti umani, soprattutto tra quelli più scontati, più ancestrali, più tradizionali. Niente e nessuno si può sottrarre alla triste vicenda di Caino che uccide il proprio fratello, se non in uno spiraglio di forza democratica e di giustizia sociale -le vere religioni del nostro tempo. Solo così avremo la vera liberazione, perché democrazia e giustizia vanno di pari passo. I diritti dell’uomo non possono essere costantemente schiacciati. O dimenticati. Semplicemente.
DUELO SOBRE DUELO
DUELLO SU DUELLO
(1935)
(nella foto sopra) In piedi: il padre di Poni, Luis León Martínez; il suo bisavolo, Parín Cornaglia, suo zio materno, Néstor Cornaglia; sedute: la madre Irma, già incinta di Poni; sua nonna materna, Manuela Carvajal.
En el desierto de Itabira
la sombra de mi padre
me agarró de la mano
Carlos Drummond de Andrade
1
La fresca oscuridad en que ahora andás
me deja a mí también sin luz
( - o el resplandor en el que derivás braceás corrés
hace en mi ojo su preciso blanco hasta enceguecerme )
Porque estabas lejos fuiste el mas querido
el mas deseado el mas extrañado el misterioso
a quien me quise intensamente parecer
Ante tu muerte he sellado mi boca
he rumiado me he mordido los dientes
estoy como un estúpido esperando llorar
pero ni una lágrima cae ni una lágrima cae
Para estar nuevamente a tu lado
deseché los recursos de cualquier religión o superchería
no creo en dioses ni creo en la eternidad del alma
no es hecho de abstracción el hombre para mi para nosotros
él es la vida con toda su magnificencia
la contradictoria vida piadosa o cruel con todo su despliegue
Mi padre era devoto cristiano católico no practicante
creías en la transparente beatitud de Ceferino Namuncurá
creías en la santidad amamantante de la Difunta Correa
creía en la inocencia de toda infancia abandonada
Sin dar limosna dabas techo y comida de tu casa y tu plato
recogías críos guachos les dabas de vestir tareas
siempre andaba con pibes de la calle alrededor
ví como lavabas sus pies y los calzabas con alpargatas nuevas
He prescindido del desasosiego de rezar aunque escribo
de elevar plegarias aunque diga mis poemas en voz alta
mudo en un día aciago no pronuncié palabra en tu homenaje
me atravesaron las certezas mas brillantes para aislarlas
Trato de rehacer el retrato de un hombre trabajador
y superpuesto el retrato de un joven delincuente
no forzaré la historia no necesito falsificar los hechos
millones de hombres han caído en éste y otros 6 de agosto
pero él ha sido quien me enseñó con sencillez la rectitud
el amor fragante por las cosas de la calle
El río en nieblas por el que nadará es tan sonoro como el Paraná
y yo voy tras sus ondas hasta donde él recale
( - o el desierto espinoso de cardos que caminás cruzás vencés
raspa secando mi garganta hasta dolerme )
Porque nos ha sido difícil vivir juntos fuiste el mas próximo
el mas fantaseado el mas envidiado el imbatible
a quien me quise intensamente parecer
Nuestras vidas no han de servir de metro de oro a nadie
por nosotros nadie salga a repetir vanamente lo hecho
lo que ha sido fue y no volverá a serlo
tanto para vos padre como para mi como para mis hijos
experiencia que aprendimos rodando y con dolor
en el futuro sólo tiene cabida lo estrictamente nuevo
Aquí la sal no sala - todo lo sala la sal del exilio
aquí el azúcar no endulza - todo lo amarga el exilio
sin embargo el exilio no ha extraviado mi sentimiento de patria
aunque como locos hablemos un mismo idioma sin comprendernos
aprendí que patria es también convención que explotan los déspotas
que la nuestra es ese torbellino Ilamado viento de libertad
aprendí que los hombres van detrás de las fuentes de trabajo
que esas fuentes entierran sus garras allí donde hay hambrientos
aprendí que la libertad es la yegua madrina de esas marchas forzadas
pero veo tu orgullo de fiesta en los días nacionales
y tengo que esmerarme para integrar tu estremecimiento al mío
" Los valores del padre han de ser los valores del hijo "
tus valores de hombre desamparado y pobre eran fluctuantes
luchabas sin cesar contra vos mismo
tenías renglones morales de difícil lectura
la ingenua escritura desgarrada de un analfabeto
y junto a tu fe tu esperanza tu caridad
te salvó el ingenio popular de querer vivir a plenitud
cierta vez pensé que te gustaría llevar la vida de tus explotadores
Mi lengua es un pólipo amurado al paladar
no puedo llorarte y no es porque me falten causas
entre vos y yo acaba de producirse un desgarro sombrío
tendremos que hilar sus labios con delicada costura
2
Luis le lleva a Irma
un verso de amor escrito a lápiz en una tabla de cabezal
la tabla de sauce húmeda no corrige las faltas ortográficas
el amor no se equivoca nunca
no copió el verso sino de su corazón
ella lee y huele la madera
coloca la tabla sobre el cajón naranjero que es su mesita de luz
1935 y aún antes
Luis le Ileva a Irma
la posibilidad de dejar el colegio de monjas
donde está internada pupila
donde ha visto arrojarse desde el techo a chicas enloquecidas
y el día es duro fregar y duro credo
y sufre como una potranca atada a la noria de un patio interior
y la noche son susurros viciosos
y expertos besos de lengua de las pupilas viejas
Luis le Ileva a Irma
una papeleta falsificada donde acredita que tiene empleo y casa
el Juez de Menores no advierte el timo
su trabajo es tener sueños inmensos
su tapera será aquel diciembre
su catre todo el verano a la orilla del río
3
La Segunda Guerra Mundial entraba a nuestra pieza
dónde vivíamos como si muriéramos?
unos polacos gritaban en la trena del al lado
malcomían peleaban maldecían la noche con su día
unos gringos tabulaban con robar a medio mundo en la balanza
el caballo desbocado entró en el parque donde jugábamos
te dicen que con estos fragmentos no puede pisotearse un poema
te dicen que con estos discursos no puede sostenerse un parlamento
marchas marciales para la paz mundial!
el amor gemía a través de las paredes finas de los puentes caídos
sólo una gran presión distorsionante
hará entrar la realidad en los versos
aunque sílabas de tu recuerdo martillen la veracidad del acto
será la metralla de las sílabas quien no te dejará mentir
resbalas por la superficie acerada del espejo
ese vuelo rasante de mosquitos brillantes son las sílabas
ese trallazo estrepitoso de águilas en bandadas
paseabas al chico para calmarlo pero insistía
cruz roja rutilante para tu desesperación sin auxilio
te harías médico te harías poeta y marinero
surcarías el mar destartalado de esa pieza entre gritos
volarías por agua desde el mar de Usuahía hasta el Báltico
para dejar en estela lo que te humillaba
ahora estás más indignado porque estás más lejos
estás precisamente al borde de una confesión malísima
algo que no podrás sostener sin un recurso luminoso
ese reventón torpe de las llantas del injusto tren del mundo
nadarías sobre la tierra en gritos de Polonia cremada
entenderías la jerga italiana del gramo escamoteado
cerrábamos las puertas las piadosas persianas
abríamos la radio y entraba Joe Louis
mamporros negros por las cuatro paredes
golpes gamados por los cuatro rincones del cielo
dónde vivíamos como si estuviésemos muertos?
taponábamos las masacres pero la segunda guerra entraba
entraba la segunda separación de mis padres
entraba el segundo odio matrimonial
entraba y alucinaba al niño enterrado bajo la almohada
sus convoyes sus trenes sus tanques sus trincheras
chico que sigue berreando en mis brazos de santa paciencia
mi pecho de playa tibia
mis playas de madre estupefacta desde allí hasta aquí
donde desembarcaban las primeras barcazas hacia Iwo Jima
o el 6 de agosto caía sobre Hiroshima el cross atómico de Joe Louis
4
Arrastro a este tiempo por los pelos
le he tendido una emboscada y voy a rematarlo
lo estrello contra la pared hasta que cae
1945 todavía antes
no terminé de escribir estos deberes
no es hora de deberes
no es hora de declaraciones
ni jodidas sintaxis
las vendas sobre los ojos no pueden ser levantadas sin dolor
por más que las enjuagues restos de miradas quedarán en el trapo
La Cumbre serranías de Córdoba
el agua templada de los baños de alibour para sus ojos
la madeja de lana invernal desovillada a tientas
en Nueva Pompeya Hadita arroja al suelo el helado que le doy
hay mburucuyás en todo el florido paredón de la herrería
me siento vejado y triste y con pena de amor
la mamá ciega el papá huido
yo ciego y huido cruzando el puente levadizo presidente uriburu
Hadita es mayor que yo dos años
tiene once
y perfil griego
y mirada acerada sin ser mala
voy hacia otra chica y le canto "Norma mía"
pero el helado se sigue derritiendo aún hoy en mi calle avergonzada
5
ya no tengo ganas de inventar
ya no tengo ganas de mentir
sobre mi nacimiento
sobre el lugar del rancho de mi nacimiento
ya no veo la luz en el paritorio inaugural
ya nada es blanco purísimo
ni es negro el restregar del trapo en las baldosas
ya no veo la luz destilada de la pila bautismal
ya no oigo las frías gotas saladas sobre el craniecito
ya no entran aquellas gotas a los oídos sordos
ya no es inaugural ya no es bautismal la luz
ya no tengo ganas
ya la mentira se acabó redondamente para mí
ya no hay leyendas de nacimiento
ya no hay gotas de leyendas frías
sobre el libro municipal de actas
sobre el libro de actas de mi nacimiento
ya no tengo la luz sombría
ya me cansé de esperar que la mentira se abriera
ya me cansé de abrigar al pibe fraudulento
ya me cansé de enrostrar a la vida el poco amor
a la muerte el desesperante amor que nos sustrajo
ya no brilla la gota de agua bendita sobre el cráneo frío
ya no es más noviembre en mañanita
ya no es más noviembre en mañanita de lana
ya no es más noviembre en lana celeste
ya me cansé de tener ganas
ya me cansé de esperar
ya no tengo ganas
ni de resolver la verdad con una mentira
ni de resolver la verdad con una media verdad
ni de atacar la verdad con un pulido sofisma
ni de atacar la verdad con sus propia verdad
ya me cansé ya no tengo ganas
ya se me cayó el guante de los ojos
el guante como una venda de los ojos
el guante de cuero como una venda de los ojos
el guante de cuero forrado como una venda sobre los ojos
ya no dan mas ya se les ve
yo ya no quiero que sigan cegando
ya me cansé
sobre algunas cosas
yo ya podría hablar con cierta autoridad
algunas cosas como una parra en un patio por ejemplo
yo ya podría explicar cómo besaba a delia
yo ya podría explicar todo el humo que hoy será delia pereyra
todos los besos de humo que delia habrá dado
todos los besos de delia pereyra de humo que di y me dieron
yo ya podría sentirme deprimido
describir días como plomadas a fondo
yo ya podría maldecir el haber venido al mundo
yo ya podría dejar de darle bomba al primus
el primus de bronce que es mi corazón
yo ya podría dejar quietos en la fosa común mis cuadernos azules
dejar que se diluya la composición escrita en clase
yo ya podría regresar a casa con la caja de lápices y el silbo
yo ya podría querer no volver nunca más
yo ya podría aclarar que patio beso parra humo eran textuales
y el humo un afectuoso humo negro de cocina a leña
yo ya podría aclarar que la fosa común era auténtica
superficie grumosa fondo legamoso por general pacheco
yo ya podría decir que siempre nos hicieron lagrimear los amores
decir que no sabré jamás sacarme de encima todo el odio
yo ya
por ejemplo
deberías estarles diciendo que no tuviste que reeducarte popular
no tuve que volver a bajar hacia las zanjas los ranchos las cocinas
los perros de kilómetro 26 te ladraban a los tobillos
la noche estaba estrellada sí
y titilaban azules todos los astros encendidos a lo lejos sí
pero esos dientes rozaban tus garrones
y ese aliento animal de los perros nocturnos
todos tenemos que volver a bajar
deberías estar diciéndolo en algún espacio abierto
deberías estar tratando de movilizar a alguien con esto
deberías decirle que no es posible reeducarse bajando
la bajadita está llena de vigilantes perros ladradores
deberías estar haciendo agujeros al coco de alguno con esto
buscar al fondo de sus ojos la gota de luz de piedad popular
yo ya
por ejemplo
deberían creerme cuando digo que no tengo ganas de inventar
deberían creerme cuando digo luz de la sala inaugural
deberían creerme cuando digo que la mentira terminó para mí
yo ya podría asestar mi firma sobre ciertos documentos importantes
yo ya podría hacer una maravillosa rúbrica al firmar
yo ya podría dictar por altavoces inflexibles órdenes precisas
yo ya podría putear contra el genocida con cierta soltura
yo ya podría estar estudiando mi propia vida a contraluz
o estar criticando a un cliente que me importa pero para mañana
o haberme enriquecido curando de mala ley a gente sana
o aplicar mi dedo censor contra la escena obscena
yo ya podría tener mi sanatorio con centralita telefónica
yo ya podría haber batido el récord del legrado seis mil
yo ya podría tener en mi haber un centenar de despedidos
pero ni el sol tengo ya que es de noche
pero ya ni yo podría yo ya
nadie debe dudar ante estas palabras
el único aquí que duda he de ser yo
ya que
me cansé de esperar mi obispado en el triunfo
me cansé de perder el azar fulminante
me cansé de abrir la puerta en vano a los curiosos
me cansé de ordenar palabras en papeles
me cansé de palpebrear
de rascarme el ojo en círculos para seguir
de clavar la mirada sobre la franja amarilla de la ruta
de encandilarme con todos los carteles indicadores
de andar a tientas en busca-del marco referencial
me cansé de los códigos
me cansé de la señalética
me cansé del dibujito diario de humor en el periódico
me cansé del yo ya
hay una crisis de valores
hay una crisis de valores cretinizados
hay una crisis de valores cretinizados sin cotización
hay un crac
crac que dice
que duelo es una honda pena por una pérdida inmensa
ya que yo ya
crac
que dice que duelo es un batirse firme para afianzar la vida
6
Nada más que lo imprescindible
lo que perdurable quede tembloroso
las mejores orillas de los cielos para vos padre
los mejores ríos argentinos con sus mareas
la mejor luna llena sobre el dique San Roque
Las mejores flores para mi padre desde aquí
que su muerte se recuerde fragante
es agosto allá verano hostil aquí antípodas
las mejores garúas frías la más brutal sudestada
el fino estremecimiento de los juncos de la costa
Los mejores cajones fruteros con sus cabezales
los mejores peines de acero para enfilar los clavos
la manzana más roja del valle del Río Negro
el racimo más dulce de las faldas andinas de Mendoza
el abatido tronco petrificado del Chubut
Llenemos de fabulosas rosas isleñas este silencio
llenemos este espacio de amigas manos tibias
llenemos este vacío de tardes en bares inolvidables
caiga sobre su caja el terrón más gordo de la tierra
Nada más que aquello que no pueda olvidarse
el genocidio inferido como boca de madre que no cierra
las mejores gramillas de la pampa húmeda para vos padre
los mejores potrillos sin domar
la vaquillona de ubres como cuerno de abundancia
El mejor de los respetos para mi padre desde aquí
que su travesía se recuerde sencillamente
es invierno allí agosto seco aquí antípodas
el más desnudo amor de una mujer en la playa para él
la estruendosa algarabía de los pibes para él
El mejor martillo templado para su mano
el mejor delantal de lona para cubrir su pecho
el más ronco silbato de las once hacia el almuerzo
la mejor piedra de esmeril para pulir sus callos
el más humeante puchero del invierno
El mejor amanecer sobre las cuchillas de Entre Ríos
el más bravo yaguareté del Chaco para él
el mejor arrope santiagueño en un frasco de vidrio
el mejor tamal el más suculento locro en su olla
el más jugoso vacío en su parrilla hoy eterna
La mejor piragua calafateada de brea para vos padre
la plateada mojarrita pescada a anzuelo
los dorados corajudos zambulléndose a tu lado
tarariras y anguilas huidizas a tu dedo
cardúmenes de bagres pejerreyes bogas bajo tu muelle
Nada más que lo estrictamente necesario
lo que no corrompa halagos ni corroa el tiempo
para marcharnos tal como vinimos
dejando sólo cosas que vivan con la vida de otros
Un tango una ranchera un chamamé una zamba una milonga
la mejor llave maestra para abrir el cofre de los ladrones
la mejor cábala para hacer saltar la banca perdularia
el mejor final electrizante de cabeza a cabeza
El mejor gol del calendario futbolístico
la riña de gallos más feroz donde sangra el dinero
una taba infernal que no dé culo nunca
los chicotazos de la cuadrera más posta de las vecindades
el más bello sapo de bronce que trague tintineando
La mejor madreselva que novie en los patios
el jazmín del país más galán de la noche
el más umbrío ombú la más áspera higuera
el lapacho más recio que rebota el hacha
la más suave zarzaparrilla para pitar de nuevo
Nada más que lo que no se puede merecidamente dejar de darle
su mejor ristra de chorizos su mejor morcilla vasca
la tira de asado con cuero de la res sacrificada
la mejor papa balcarceña remolachas puntanas
el mejor ramo de claveles de un vivero japonés
La celda menos penosa de Sierra Chica
el mejor banco al sol en el patio de Devoto
el certificado de buena conducta que no le saldrá nunca
la mejor venda sobre los ojos la mejor de las preguntas
no! que no vuelva a pasarlo!
Sólo quien conoce el hambre podrá saciarnos de ella
sólo quien conoce la locura podrá acercarse sin temor
sólo quien se sintió perseguido sabrá darnos amparo
sólo quien pasa las noches en vela curará el insomnio
Sólo quien no ha tenido con qué cubrirse nos dará abrigo
sólo quien haya conocido en él la enfermedad nos sanará
solo quien se aproxime a la riqueza sabrá cómo corrompe
sólo quien se ha desprendido de todo puede darnos algo
Nada más que lo que se sepa humilde
lo que persistiendo quede ejemplificando
las mejores de las palabras para vos padre
las mejores de las hogueras en el monte
el ojo vigía más atento en esta noche larga
Los dichosos días multitudinarios para vos padre
y no como si cada día fuera el aniversario de algo malo
las mejores lampalaguas esmeraldas de la selva misionera
el mejor guanaco la mejor vicuña los inocentes corderos
todo el jardín de la república sobre tu losa
El mejor rebenque basto el amplio guardamonte
la mejor alpargata dominguera de todos los pagos
el botín más jailaiffe de taco alto que se vio en el bailongo
los más terribles talones cuarteados
la ushuta más liviana de la tierra para tus pies de polvo
Las flotantes lágrimas de los sauces llorones del Lujan
una gota de cerveza una gota de rocío una gota de vino
una gota de miel de chancaca del Jujuy
la mejor de las quebradas resonantes al paso de tu mula
los mejores cantos del chingolo del zorzal del misto
Los trizados yacimientos de oro de los ríos Primero Segundo Tercero
el mejor de los lechos petrolíferos del mundo
uranio para vos carne de primera para vos trigo para vos
cebada para vos maíz para vos leche sustanciosa para vos
molidas harinas puras para vos aguas límpidas
para vos el pan crujiente cacareando como un gallo en la mañana
Para vos el mañana cacareando como un pan crujiente
para él que es el pueblo todo lo mejor sin reparos
para él que es y ha sido nuestro sostén
todo el apoyo
para él que ha enfrentado a la muerte hasta que la cansó
quien de brazos caídos no ha sabido qué es estarse de brazos cruzados
para él que ha enfrentado la represión para sobrevivir
y sobreviviendo permitió que nosotros narráramos
poetizáramos compusiéramos contáramos
atáramos
los pedazos rotos aunáramos con cemento los esfuerzos
Nada más que lo imprescindible para él este ayuno
lo que bien sentido se transmita indeformable
lo que no puede dejar de reconocer por ser él mismo
para él lo que es de él
ya que lo amasó lo clavó lo elevó lo enderezó lo remó
lo pescó lo cazó lo entretuvo lo midió
lo cavó lo ensartó lo voleó lo montó lo segó lo maniató
lo armó lo desmanteló lo protegió lo mantuvo
lo estiró lo fortaleció lo creció
y al fin lo dejó solo
sin decir es mío
A Luis León Martínez,
en su memoria
1
La fresca oscurità dove ora vai
lascia senza luce anche me
(- o il bagliore in cui derivi sbracci corri
penetra col suo preciso biancore il mio occhio fino ad accecarmi)
Eri lontano e per questo fosti il più amato
il più desiderato il più rimpianto il misterioso
cui volli intensamente somigliare
Innanzi alla tua morte la mia bocca ho sigillato
ho morso i denti ho rimuginato
come uno stupido sto in attesa di pianto
ma non una lacrima cade non una lacrima cade
Per esser nuovamente al tuo fianco
respinsi religiosi ripieghi o superstizioni
negli dei non credo né credo all’anima immortale
non è astrazione l’uomo per me per noi
lui è la vita in tutta la sua magnificenza
la contraddittoria vita pietosa o crudele nel suo svolgersi
Mio padre era devoto cristiano cattolico non praticante
credevi nella trasparente beatitudine di Ceferino Namuncurá
credevi nella santità allattante di Difunta Correa
credeva nell’innocenza di tutta l’infanzia abbandonata
Senza dare elemosina davi tetto e cibo della tua casa e del tuo piatto
raccoglievi piccoli orfani gli davi abiti compiti
andava sempre con attorno ragazzi di strada
vidi come lavavi i loro piedi calzandogli sandali nuovi
Ho rinunciato all'inquietudine di recitare benché scriva
a elevare preghiere benché declami versi a voce alta
muto in un giorno funesto per te non pronunciai parole
mi colpirono certezze illuminanti per isolarle
Tento di rifare il ritratto di un lavoratore
e sovrapposto il ritratto di un giovane delinquente
non forzerò la storia né voglio falsificare eventi
milioni di uomini sono caduti in questo e altri 6 agosto
ma fu lui ad insegnarmi con semplicità la rettitudine
fragrante amore per le cose di strada
Fra le nebbie il fiume per chi nuoterà ha il suono del Paranà
e io vado tra le sue onde fin dove lui accosta
( - o lo spinoso deserto di cardi che percorri incroci vinci
raschia seccando la mia gola fino a farmi male)
Difficile è stato vivere insieme per ciò fosti il più vicino
il più fantasticato il più invidiato l'imbattibile
cui volli intensamente somigliare
Per nessuno le nostre vite servano a peso d’oro
per noi nessuno ripeta invano il fatto
ciò che è stato è stato e ad esserlo non tornerà
tanto per te padre come per me come per i miei figli
esperienze che apprendemmo girovagando e con dolore
il futuro solo contiene ciò che strettamente è nuovo
Qui il sale non sala - tutto sala il sale dell’esilio
qui lo zucchero non addolcisce - tutto rende amaro l’esilio
tuttavia l’esilio non ha distrutto il mio amor patrio
sebbene come pazzi parlassimo la stessa lingua senza comprenderci
appresi che patria è anche convenzione che i despoti sfruttano
che la nostra è quel turbine chiamato vento di libertà
appresi che gli uomini inseguono le fonti del lavoro
che quelle fonti interrano i loro artigli là tra gli affamati
appresi che la libertà è la cavalla madre di queste marce forzate
però vedo il tuo orgoglio di festa nei giorni nazionali
e cerco di migliorare per integrare il tuo sussulto al mio
"I valori del padre devono essere i valori del figlio"
fluttuavano i tuoi valori di uomo povero e indifeso
lottavi senza cessare contro te stesso
avevi regole morali di difficile lettura
l’ingenua scrittura lacerata di un analfabeta
e accanto alla tua fede alla tua speranza alla tua carità
ti salvò l’ingegno popolare di voler vivere in pienezza
certe volte pensai che ti sarebbe piaciuto vivere come i tuoi aguzzini
La mia lingua è un polipo aderente al palato
non posso piangerti e non è perché mi manchino i motivi
fra te e me si è appena prodotto uno strappo oscuro
cuciremo le sue labbra con delicata imbastitura
2
Luis porta ad Irma
un verso d’amore scritto col lapis su di un asse del capezzale
un asse d'umido salice non corregge errori di ortografia
l'amore non si confonde mai
non copiò il verso se non dal suo cuore
Irma legge e annusa il legno
colloca l’asse su di una cassa d’arance il suo tavolino da notte
1935 e ancor prima
Luis porta ad Irma
la possibilità di lasciare il riformatorio delle suore
dov’è internata prigioniera
dove ha visto lanciarsi dai tetti fanciulle impazzite
e di giorno è duro rigovernare e duro il credo
e soffre come una puledra legata alla noria interna di un cortile
e la notte son sussurri viziosi
e baci esperti di lingua di vecchie fanciulle
Luis porta ad Irma
un falso certificato che gli accredita un impiego e una casa
il giudice dei minori non si accorge dell’inganno
il suo lavoro è avere sogni immensi
la sua cascina sarà quel dicembre
la sua branda tutta l’estate sulla sponda del fiume
3
La Seconda Guerra mondiale entrava nel nostro dramma
dove saremmo vissuti come se fossimo morti?
alcuni polacchi gridavano nella stanza allato
mangiavano male litigavano maledicevano la notte ed il suo giorno
alcuni napoletani favoleggiavano di rubare con la bilancia a mezzo mondo
il cavallo impazzito entrò nel parco dove giocavamo
ti dicono che con questo frammento non può calpestarsi una poesia
ti dicono che con questi discorsi non può sostenersi un parlamento
marce marziali per la pace mondiale!
l’amore gemeva attraverso sottili pareti di ponti crollati
solo una gran pressione distorta
farà entrare la realtà nei versi
sebbene sillabe del tuo ricordo martellino la veridicità dell’atto
sarà la mitraglia delle sillabe che non ti lascerà mentire
scivoli sulla superficie resistente dello specchio
quel volo radente di moscerini luccicanti sono le sillabe
quella staffilata strepitosa di aquile a stormi
portavi a passeggio il bambino per calmarlo ma insisteva
croce rossa rutilante per la tua disperazione senza aiuto
ti farò medico ti farò poeta ti farò marinaio
solcherai il mare sconquassato di quel dramma di grida
volerai sull’acqua dal mare di Usuahia fino al Baltico
per lasciar sulla scia ciò che ti umiliava
adesso sei più indignato perché sei più lontano
sei precisamente sull’orlo di una confessione bruttissima
qualcosa che non potrai sostenere senza un ricorso luminoso
quella pesante fatica di ruote dell’ingiusto treno del mondo
nuoteresti sulla terra con le grida di una Polonia cremata
intenderesti il gergo italiano del grammo rubato
chiudevamo le porte le pietose persiane
aprivamo la radio ed entrava Joe Louis
neri colpi sulle quattro pareti
colpi gammati ai quattro angoli del cielo
hurras! dal ring-side de La Voz de America
Dove saremmo vissuti come se fossimo morti?
tamponavamo i massacri ma la seconda guerra entrava
entrava la seconda separazione dei miei genitori
entrava il secondo odio matrimoniale
entrava e allucinava il bimbo rifugiato sotto il capezzale
i suoi convogli i suoi treni i suoi carri armati le sue trincee
fanciullo che non smette di piangere tra le mie braccia di santa pazienza
il mio petto di tiepida spiaggia
le mie spiagge di stupefatta madre da lì a qui
dove sbarcavano le prime chiatte verso Iwo Jima
o il 6 agosto cadeva sopra Hiroshima il cross atomico di Joe Louis
4
Tiro questo tempo per i capelli
gli ho teso un’imboscata e gli do il colpo di grazia
lo sbatto contro la parete finché cade
1945 e ancor prima
non finii di scrivere questi compiti
non è l’ora di compiti
non è l’ora di dichiarazioni
né di impura sintassi
le bende sopra gli occhi non possono essere tolte senza dolore
nonostante i risciacqui brandelli di vedute rimarranno sullo straccio
La Cumbre i monti di Cordoba
l’acqua tiepida dei bagni di alibour per i suoi occhi
la matassa di lana invernale che sgomitoli a stento
in Nueva Pompeya Hadita butta a terra il gelato che gli do
ci sono mburucuyás in tutto il fiorito muro della ferriera
mi sento oppresso e triste e con pene d’amore
la mamma cieca il papà fuggito
io cieco e in fuga attraversando il ponte levatoio presidente uriburu
Hadita è maggiore di me di due anni
ne ha undici
e un profilo greco
e sguardo d’acciaio ma non cattivo
vado verso un’altra ragazza e le canto "Norma mia"
però il gelato si va sciogliendo anche oggi sulla mia strada di vergogna
5
ora non ho voglia d’inventare
ora non ho voglia di mentire
sulla mia nascita
sul luogo della mia nascita
ora non vedo la luce nella maternità inaugurale
ora niente è bianco purissimo
né lo sfregare dello straccio è nero sulle mattonelle
ora non vedo la luce filtrata dalla fonte battesimale
ora non odo le fredde gocce salate sopra la mia piccola testa
ora non entrano quelle gocce nei sordi uditi
ora non è inaugurale ora non è battesimale la luce
ora non ho voglia
ora la menzogna è chiaramente finita per me
ora non ci sono leggende di nascita
ora non ci sono gocce di fredde leggende
sul libro municipale degli atti
sul libro degli atti della mia nascita
ora non ho la luce tetra
ora mi stancai di aspettare che la bugia si aprisse
ora mi stancai di proteggere il fraudolento fanciullo
ora mi stancai di rimproverare alla vita il poco amore
alla morte il disperante amore che ci sottrasse
ora non brilla la goccia di acqua benedetta sul freddo capo
ora non è più novembre di mattina
ora non è più novembre in mattine di lana
ora non è più novembre in lana celeste
ora mi stancai di aver desideri
ora mi stancai di sperare
ora non ho desideri
né di risolvere la verità con una menzogna
né di risolvere la verità con una mezza menzogna
né di attaccare la verità con un sofisma perfetto
né di attaccare la verità con la sua propria verità
ora mi stancai ora non ho desideri
ora cadde il guanto dagli occhi
il guanto come una benda degli occhi
il guanto di cuoio come una benda degli occhi
il guanto di cuoio forato come una benda degli occhi
ora non danno più ora li si vede
ora io non voglio che diventino ciechi
ora mi stancai
su alcune cose
io ora potrei parlare con sicura autorità
alcune cose come una pergola in un patio per esempio
io ora potrei spiegare come baciavo delia
io ora potrei spiegare tutto il fumo che oggi sarà delia pereyra
tutti i baci di fumo che delia avrà dato
tutti i baci di delia pereyra di fumo che diedi e mi diedero
io ora potrei parlare
io ora potrei sentirmi depresso
descrivere giorni come piombati al fondo
io ora potrei maledire di essere venuto al mondo
io ora potrei smettere di festeggiare il primus
il primus di bronzo che è il mio cuore
io ora potrei lasciar quieti nella fossa comune i miei quaderni azzurri
lasciar svanire la composizione scritta a scuola
io ora potrei tornare a casa con la cartella di lapis fischiando
io ora potrei desiderare di non ritornare mai più
ora potrei acclarare che patio bacio pergola erano testuali
e il fumo un affettuoso fumo nero di cucina a legna
io ora potrei dichiarare che la fossa comune era autentica
superficie grumosa melmoso fondo per il general pacheco
io ora potrei dire che sempre ci fecero lacrimare gli amori
dire che non saprei staccarmi mai da dosso tutto l’odio
io ora
per esempio
dovrei dire che non avevi bisogno di rieducarmi popolare
non scesi nei solchi nelle cascine nelle cucine
i cani del chilometro 26 ti latravano alle caviglie
la notte era stellata sì
e scintillavano azzurri tutti gli astri incendiati in lontananza sì
però quei denti sfioravano i tuoi speroni
e quel respiro animale di cani notturni
tutti volemmo che finissero
dovresti dirlo in qualche spazio aperto
dovresti mobilitare qualcuno con questo
dovresti dire che non è possibile rieducarsi dal basso
la discesa è piena di vigilanti cani latranti
dovresti far dei fori alla smorfia di qualcuno con questo
prendere al fondo dei suoi occhi la goccia di luce di pietà popolare
io ora
per esempio
dovrebbero credermi quando dico che non ho voglia di inventare
dovrebbero credermi quando dico luce della sala inaugurale
dovrebbero credermi quando dico che la menzogna terminò per me
ora io potrei porre la mia firma su certi documenti importanti
ora io potrei fare una meravigliosa rubrica da firmare
ora io potrei dettare con inflessibili altoparlanti precisi ordini
ora io potrei sputtanare il genocida con disinvoltura certa
ora io potrei studiare la mia stessa vita in controluce
o dare appuntamento ad un cliente importante però per domani
o curare con leggi cattive gente sana
o applicare il mio dito censore contro oscene scene
io ora potrei tenere la mia clinica con centralina telefonica
io ora potrei aver battuto il record di seimila aborti
io ora potrei avere nel mio avere un centinaio di licenziamenti
però il sole non ho ora che è notte
però ora né io potrei io ora
nessuno deve dubitare davanti a queste parole
l’unico qui che dubita devo essere io
ora che
mi stancai di aspettare il mio vescovato trionfale
mi stancai di perdere la sorte fulminante
mi stancai di aprire la porta ai curiosi invano
mi stancai di ordinare parole su fogli
mi stancai di battere le palpebre
di strofinare l’occhio d’intorno per continuare
di chiudere lo sguardo sulla striscia giallognola della rotta
di abbagliarmi con tutti i cartelli indicatori
di andare a tentoni in cerca d’una referenziale meta
mi stancai dei codici
mi stancai della segnaletica
mi stancai del disegno umoristico sul giornale quotidiano
mi stancai del io ora
c’è una crisi di valori
c’è una crisi di valori rincretiniti
c’è una crisi di valori rincretiniti senza quotazione
c’è un crac
crac che dice
che duello è una profonda pena per una perdita immensa
ora che io ora
crac
che dice che duello è un combattere fermo per rinforzare la vita
6
Niente più che l’imprescindibile
ciò che di perdurabile rimane tremante
i migliori approdi del cielo per te padre
i migliori fiumi argentini con i loro flutti
la miglior luna piena sulla diga di San Roque
I migliori fiori per mio padre da qui
che la sua morte si ricordi fragrante
è agosto là estate ostile qui agli antipodi
le migliori fredde pioggerelle la più brutale burrasca
il delicato brivido dei giunchi della costa
Le migliori casse da frutta con i loro traversini
i migliori pettini d’acciaio per infilare i chiodi
la mela più rossa della valle del Rio Negro
il grappolo più dolce delle falde andine di Mendoza
l’abbattuto tronco pietrificato di Chubut
Riempiamo di favolose rose isolane questo silenzio
riempiamo questo spazio di amiche mani tiepide
riempiamo questo vuoto di pomeriggi di bar indimenticabili
cada sulla sua cassa la zolla più grossa della terra
Niente più di quello che non si può dimenticare
il genocidio inferto come una bocca chiusa di madre
la miglior gramigna della pampa umida per te padre
i migliori puledri non domati
la giovenca da latte segno di prosperità
Il migliore dei rispetti per mio padre da qui
che le sue traversie si ricordino semplicemente
è inverno lì agosto secco qui agli antipodi
il più nudo amore di una donna sulla spiaggia per lui
il fragoroso schiamazzo di ragazzi per lui
Il miglior martello temperato per la sua mano
il miglior grembiule di tela olona per coprire il suo petto
il miglior rauco fischio delle undici verso il pranzo
la miglior pietra di smeriglio per pulire i suoi calli
il più fumoso minestrone dell’inverno
La miglior alba sulle colline di Entre Rios
il più cattivo giaguaro di Chaco per lui
il miglior sciroppo di Santiago in un fiasco di vetro
il miglior tamal il più succulento cibo nella sua pentola
il più succoso vuoto nella sua griglia oggi eterna
La miglior canoa incatramata per te padre
l’argentata mojarrita pescata con l’amo
le coraggiose orate che si tuffano al tuo lato
tarariras e anguille che scappano dal tuo dito
banchi di bagres acciughe boghe sotto il tuo molo
Niente più di ciò che è strettamente necessario
quello che non corrompe complimenti né corrode il tempo
per andarcene come siamo venuti
lasciando solo cose che vivano con la vita di altri
Un tango una ranchera un chamamè una samba una milonga
il miglior chiavistello per aprire il cofano dei ladri
la miglior cabala per far saltare la banca negligente
il miglior finale elettrizzante da testa a testa
Il miglior goal del calendario di calcio
la lotta dei galli più feroci dove sanguina il denaro
un gioco infernale che non dia mai il culo
le frustate della quadriga più vicina del vicinato
il più bel sapo di bronzo che mangia tintinnando
La miglior madreselva che rinnova nei cortili
il gelsomino del paese più galante della notte
il più ombroso ombù il più aspro fico
il più forte lapacho che ribatte l’ascia
la più soave salsapariglia per fumare nuovamente
Niente più di ciò che non si può meritoriamente dargli
la sua miglior resta di cozze il suo miglior sanguinaccio basco
una striscia d’arrosto con cuoio di vitello sacrificato
la miglior patata balcarceña barbabietole puntane
il miglior ramo di garofani di un vivaio giapponese
La cella meno penosa di Sierra Chica
la miglior panca al sole nel patio di Devoto
il certificato di buona condotta che non gli uscirà mai
la miglior benda sopra gli occhi la migliore delle domande
No! Che non succeda più!
Solo chi conosce la fame potrà saziarci di lei
solo chi conosce la pazzia potrà avvicinarsi senza timore
solo chi si sente perseguitato saprà darci riparo
solo chi passa le notti in bianco curerà l’insonnia
Solo chi non ha avuto di che coprirsi ci darà calore
solo chi ha conosciuto in lui l’infermità ci guarirà
solo chi si avvicina alla ricchezza saprà come corrompe
solo chi si è spogliato di tutto ci può dare qualcosa
Nessuno più di chi sa conosce l’umiltà
chi persistendo rimanga da esempio
le migliori parole per te padre
i migliori falò sul monte
l’occhio vigila più attento in questa lunga notte
I suddetti giorni multitudinari per te padre
e non come se ogni giorno fosse l’anniversario di qualche male
i migliori serpenti smeraldi della selva missionaria
il miglior guanaco la miglior vigogna gli innocenti agnelli
tutto il giardino della repubblica sulla tua tomba
Il miglior staffile rozzo l’ampia gualdrappa
il miglior sandalo domenicale di tutti i posti
lo stivaletto più elegante col tacco alto che si vide nel bailongo
i più terribili talloni intarsiati
la ushuta più leggera della terra per i tuoi piedi di polvere
Le fluenti lacrime dei salici piangenti di Lujan
una goccia di birra una goccia di rugiada una goccia di vino
una goccia di miele di melassa di Jujuy
la migliore delle quebradas risonanti al passo della tua mula
i migliori canti del chingolo del zorzal del misto
I pezzi di giacimenti d’oro dei fiumi Primo Secondo Terzo
il migliore dei letti petroliferi del mondo
uranio per te carne di prima scelta per te grano per te
orzo per te mais per te latte sostanzioso per te
farine pure macinate per te acque limpide
per te il pane croccante come il canto del gallo nel mattino
per te il mattino cantando come un pane croccante
per lui che è il popolo tutto il meglio senza ripari
per lui che è ed è stato il nostro sostegno
tutto l’appoggio per lui che ha affrontato la morte fino a stancarla
chi di braccia cadute non sa che cosa siano le braccia incrociate
per lui che ha affrontato la repressione per sopravvivere
e sopravvivendo permise che noi narrassimo
poetassimo componessimo cantassimo
legassimo
i pezzi rotti riunissimo con cemento gli sforzi
Niente di più che l’imprescindibile per lui questo digiuno
ciò che bene si sente si trasmetta senza errori
ciò che non può non riconoscere per essere lui stesso
per lui ciò che è di lui
ora che lo impastò lo inchiodò lo elevò lo drizzò lo remò
lo pescò lo cacciò lo trattenne lo misurò
lo scavò lo infilò lo involò lo montò lo segò lo ammanettò
lo armò lo smantellò lo protesse lo mantenne
lo tirò lo fortificò lo crebbe
e al fine lo lasciò solo
senza dire è mio
A Luis León Martínez,
Alla sua memoria
Duelo sobre duelo: escrito en agosto de 1981, en Madrid. Recibe mención en el certamen de Poesia de la Revista Plural, México, del mismo año. Es grabado y editado en cassettes por Producción Artesanal en 1984, en Madrid. Ficha técnica: textos y voz, Martín Micharvegas. Música, arreglos y ejecución: Horacio Lovecchio. Percusión: Diego Martínez. Coda final: Picón Sánchez y Martín Micharvegas. Técnico de grabación: Chema Lope de Toledo. Estudio de grabación: Lope de Toledo/Aravaca. Dibujo de la portada: Maite del Castillo. Diseño: Charles Lantero. Fue presentado en abril/mayo de 1985 en el Centro Cultural de la Villa de Madrid dentro del espectáculo "Poemas y Canciones del Rio de la Plata", donde también participara el poeta y músico uruguayo Os/r/s Rodríguez Castillos. Fue interpretado dentro de la Lateinamerikanische Woche (Semana Latinoamericana), del 7 al 11 de octubre de 1985 en el Studenten Zentrum (STUZ) de Zurich, Suiza. En la que participaron: Felipe Vargas (Colombia), Maya Brecher (Nicaragua), Miguel Rojas Mix (Chile), Jorge Musto (Uruguay) y Daniel Viglietti (Uruguay). En Buenos Aires fue puesto en escena el 3 y 10 de agosto de 1986 en la sala AB del Centro Cultural San Martín, dentro del recital "Micharvegas: nuevos poemas/viejas canciones" y con el acompañamiento de Horacio Prestí (guitarra), Javo Micharvegas (guitarra y voz) y Diego Martínez (percusión).
Carlos Drummond de Andrade (1902-1987, Brasil). Participó en el movimiento literario modernista, surgido de la Semana de Sao Paulo (1922). Periodista profesional y funcionario público, contribuyó activamente al reconocimiento de los derechos del escritor en Brasil, ayudando a fundar varias asociaciones de clase. Antologías de sus poemas han sido publicadas en Portugal, España, Francia, Alemania, Suecia. Entre sus obras más conocidas figuran: "Menino anfigo", "Alguma poesía", "Brejo das almas", "Sentimento do mundo", "José", "A rosa do povo", "Claro enigma".
Duelo sobre duelo: Scritto nell'agosto del 1981, in Madrid. Riceve menzione nel certamen di Poesia della Rivista Plural, Messico, dello stesso anno. E' registrato ed edito in musicacassetta dalla Produccion Artesanal nel 1984, in Madrid. Dati tecnici: testo e voce, Martin Micharvegas. Musica, arrangiamento ed esecuzione: Horacio Lovecchio. Percussioni: Diego Martinez. Coda finale: Picon Sanchez e Martin Micharvegas. Tecnico di registrazione: Chema Lope de Toledo. Studio di registrazione: Lope de Toledo/Aravaca. Disegno di copertina: Maite de Castillo. Grafica: Charles Lantero. Fu presentato in aprile/maggio del 1985 nel Centro cultural de la Villa de Madrid all'interno dello spettacolo "Poemas y Canciones del Rio de la Plata", in cui partecipò anche il poeta e musicista uruguaiano Osiris Rodriguez Castillos. Fu interpretato nell'ambito della Lateinamerikanische Woche (settimana latinoamericana) dal 7 al 11 ottobre 1985 allo Studenten Zentrum (STUZ) di Zurigo, Svizzera. In cui parteciparono: Felipe Vargas (Colombia), Maya Brecher (Nicaragua), Miguel Rojas Mix (Cile), Jorge Musto (Uruguay) e Daniel Viglietti (Uruguay). Fu messo in scena a Buenos Aires il 3 e il 10 agosto del 1986 nella sala AB del Centro Cultural San Martin, durante il recital "Micharvegas: nuovos poemas/viejas canciones" con l'accompagnamento di Horacio Presti (chitarra) , Javo Micharvegas (chitarra e voce), e Diego Martinez (percussioni).
Carlos Drummond de Andrade (1902 - 1987, Brasile) partecipò al movimento letterario modernista, sorto nella Semana de Sao Paulo (1922). Giornalista professionista e funzionario pubblico, contribuì attivamente al riconoscimento dei diritti dello scrittore in Brasile, aiutando a fondare varie associazioni per questo. Sono state pubblicate delle antologie con sue poesie in Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Svezia. Tra le sue opere più conosciute figurano: "Menino antigo", "Alguma poesia", "Brejo das almas", "Sentimento do mundo", "José", "A rosa do povo", "Claro enigma".
POEMA DE AMOR EN EL EXILIO
Vos me trajiste aquí vos me tiraste desnudo en esta cama
vos me dijiste que cada cosa tuya era mía tu corazón mío
vos fuiste quien me regaló la primera luz tantatiniebla
me arropaste me diste sopa me hablaste de un mundo mediúmnico
las cosas eran lo que eran pero las ceñían fuerzas atadas
yo te seguí fuí tu perro troté con vos la lengua afuera
una casa otra casa y más allá otra casa y al fondo los barrios
vos tenías un amor otro amor que no era yo alguien fantástico
me hubiera gustado oírte reír como decían que reías piano alado
vos rompías la verdad eras la verdad nada más que la verdad
la existencia esa maldita molestia que no nos entendía engañasombras
vos me arrimaste a tu pecho escuchabas mi fracaso infatigablemente
éramos dos que éramos uno y éramos uno que éramos dos toda la vida
no cerrabas los ojos de noche tus ojos no podían ser cerrados
no eras de las personas que obligan a exámenes de conciencia
jamás cerraba los ojos todo el tiempo los mantenía frescos
limpios Ilenos graciosos espectaculares lascivos tiernos ágiles
por tus ojos yo fuí otra vez múltiples yo me dejaste ser me abriste
eras lo contrario a un espejo deformante de un parque de diversiones
- en el lugar que debiera figurar incandescente léase cenizas -
me dejaste muy solo tanto que temí que no volvieras regresasiempre
mirá que han pasado muchas aguas sangrientas bajo el puente
las últimas inundaciones se Ilevaron el muelle de mi vida
aún las casuarinas negras silban frente al malón de ausencias
y todos los fantasmas desgraciadamente están en su lugar
el agua no se detiene nunca según don jacinto jamás se para
vimos el río de tus primeros versos sobre una rosa maltratada
vos me enseñaste a hablar me dijiste no digas brillabas de día
qué hacía yo antes de vos se me caían de las manos las palabras
yo era tu niño azul el carapálida las patitas flacas del nene
resultaba difícil crecer a tu lado eras mas grande que cualquier cosa
y eras pequeña eras un jazmín en un vaso al alcance de la mano enferma
ah! qué fresco ruido hacés poema al zambullirte en este viejo estanque!
yo dormí bajo tu olor como un cachorro bajo un aguacero de piedras
te soñé venir corriendo hacia mí loca de alegría entre la gente
y esos sordos asesinos asalariados emboscándonos aún tiemblo
vos me dijiste que gozara de tu amistad y su inaudita multiplicación
y te obedecí dignificándome y me rebelé sin rebajarte
habías nacido para hacer lo bueno entre los otros viejaovejaregia
nada te dejaba indiferente cualquier dolor humano era tu dolor
y vagaste Ilena de piojos como desarmada taponando muerte y agobio
esa luz de vela constante al lado del rictus del agónico es ella
eras lo que no se deja sin quedarse página tan blanca de block
y me enseñaste a relamerme como un gato sobre el sexo tu dicha triste
por vos me lavé el cogote las orejas los pies las partes tibias
todo lo hacíamos juntos dentro de una gran tina con ruidos resbalones
te dedicabas a mis mortandades las tratabas como si fueran tuyas
sabías que estaba muerto intoxicado de par en par la fresca sombra
yo era tu peor parte quién podría proferirlo sin titubear emocionado
pero me decías que huyera que probara suerte por mí mismo
vos me mostraste la ley de juego el amor y el odio no va más
mi miseria se acercaba para dejarte sus cuitas mélanie klein sin tetas
eras romántica te Ilevabas todo por delante con tus pezones veleros
y amores varios tenías porque tenías varios corazones se supo
yo no conocí todos tus amores yo sólo quería ser todos ellos
sólo quería tenerte para mí con tu pesado pasado mi tren de carga
que en mi cielo nocturno no flotara otra lunita más que vos
bien lejos las estrellas venus bien lejos todo fuera de la galaxia
sólo vos en mi cielo ciego rodeado de las nubes de tus brazos
vos me politizaste me subrayaste la injusta deuda en que vivíamos
y no es que fueses única no matabas no mataste morirías por mí
eras lo espléndido desplegado la algarabía de lo posible utópica
corregías la realidad con tu fisonomía entrabas todo se ponía a cantar
decías es mas colorida la pobreza y no fanfarroneabas sabías
yo te barrí te cociné comíamos frío lo caliente y caliente lo frío
me transmitiste un orden no la orden no podías mandar ni aceptar mando
porque éramos uno que eran dos y éramos dos que serían uno toda la vida.
POESIA D'AMORE NELL'ESILIO
Tu mi portasti qui tu mi gettasti in questo letto
tu mi dicesti che ogni cosa tua era mia il tuo cuore mio
fosti tu a regalarmi la prima luce in tanta oscurità
mi hai vestito sfamato mi hai parlato di un mondo medianico
le cose erano come erano però le legavano forze ostinate
io ti seguii fui il tuo cane trottai con te la lingua fuori
una casa un'altra casa e più in là un'altra e in fondo i quartieri
tu avevi un amore e un altro che non ero io qualcuno fantastico
mi sarebbe piaciuto sentirti ridere come dicevano che ridevi piano alato
tu frantumavi la verità eri la verità niente più che la verità
l'esistenza questo maledetto fastidio che non ci capiva falso miraggio
tu mi hai stretto al tuo petto ascoltavi infaticabile il mio fallimento
eravamo due essendo uno ed eravamo uno essendo due tutta la vita
non chiudevi gli occhi di notte i tuoi occhi non potevano essere chiusi
non eri di quelli che obbligano a esami di coscienza
mai tu chiudevi gli occhi tutto il tempo li avevi freschi
puliti pieni belli splendenti lascivi teneri agili
per i tuoi occhi io fui altra volta multiplo io mi lasciasti vivere mi apristi
eri tutto il contrario di uno specchio deformante di luna park
- nel posto che doveva sembrare incandescente leggasi cenere -
mi lasciasti molto solo tanto che ebbi paura che tu non tornassi tu che torni sempre
guarda che sono passate molte acque insanguinate sotto il ponte
le ultime inondazioni si portarono via la diga della mia vita
ancora i neri cipressi sibilano davanti al plotone di assenze
e tutti i fantasmi sfortunatamente sono al loro posto
l'acqua non si ferma mai secondo don jacinto non si arresta
vedemmo il fiume dei tuoi primi versi su di una rosa maltrattata
tu mi insegnasti le parole mi dicesti non dire luccichii di giorno
cosa facevo prima di te mi cadevano di mano le parole
io ero il tuo bambino azzurro il viso pallido le gambette fiacche del bebé
riusciva difficile crescere al tuo fianco eri piu' grande di ogni altra cosa
ed eri piccola eri un gelsomino in un vaso alla portata della mano inferma
ah! che fresco rumore fai poesia tuffandoti in questo vecchio stagno!
io dormii sotto il tuo profumo come un cagnolino sotto un acquazzone di pietre
ti sognai venir correndo verso me pazza di allegria tra la gente
questi sordi assassini prezzolati nascondendoci tremo ancora
tu mi dicesti che godessi della tua amicizia e dell'inaudita moltiplicazione
e ti obbedii dignitosamente e mi ribellai senza umiliarti
eri nata per fare il bene tra gli altri vecchiaovinavassiIissa
nulla ti lasciava indifferente ogni dolore umano era il tuo dolore
e vagasti piena di pidocchi come disarmata tamponando morte e esaurimento
quella luce di candela costante al fianco del rictus moribondo è quella
eri ci0 che non si lascia senza restare candida pagina di blocco
e mi insegnasti a rileccarmi come un gatto sul sesso della tua felicità triste
per te mi lavai la gola le orecchie i piedi le parti molli
tutto facevamo insieme dentro un gran tino con rumorosi scivoloni
ti dedicavi alla mia mortalità grattandola come se fosse tua
sapevi che ero morto intossicato al pari della fresca ombra
io ero la tua peggior parte chi potrebbe proferirlo senza esitare emozionato
però mi dicevi di fuggire che tentassi la sorte da me stesso
tu mi mostrasti la legge del gioco dell'amore e l'odio non va più
la mia miseria si avvicinava per lasciarti i suoi affanni melanie klein senza tette
eri romantica ti buttavi tutto davanti con i 'tuoi capezzoli velieri
e vari amori avevi poiché avevi parecchi cuori si seppe
io non conobbi tutti i tuoi amori e volevo solo esser tutti loro
volevo solo tenerti per me col tuo pesante passato mio treno merci
che nel mio cielo notturno non fluttuasse altra piccola luna che te
ben lontane le stelle venere ben lungi tutto fuori dalla galassia
solo tu nel mio cielo cieco circondato dalla nube delle braccia tue
tu mi avviasti alla politichè mi indicasti l'ingiusto debito in cui eravamo
e non che fossi unica non uccidevi non uccidesti moriresti per me
eri la stupenda spiegazione il calcolo utopico possibile
ritoccavi la realtà con la tua fisionomia entravi tutto si metteva a cantare
e dicevi è più colorata la miseria e non eri fanfarona sapevi
io ti spazzai la casa cucinai per te mangiavamo freddo il cibo caldo e caldo il freddo
mi trasmetti un ordine non l'ordine non potevi comandare né accettar comandi
perché eravamo uno che eravamo due per esser uno tutta la vita
TRADUZIONE DI VIRGILIO BACCALINI
CONSIGN@S
MATAR NINIOS
ES
MATAR
EL MANIANA
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
NO
AL GENOSIDIO
EN GAZA
!!!!!!!!!!!!!!!
MIS HIJOS
ME PREGUNTARON:
MADRE,
CUÁNDO MORIREMOS
???????????????????
NO
A LOS GENOSIDIOS
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
MATAR UN NINIO
ES
MATAR
EL PORVENIR
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
NO
A LOS GENOSIDIOS
POR HAMBRE
POR BLOQUEO
POR AMBISIÓN
POR DEJASIÓN
POR OPRESIÓN
POR REPRESIÓN
POR ESPANSIÓN
POR VISIÓN
O PREVISIÓN
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
NO AL GENOSIDIO
EN GAZA
NO A LOS GENOSIDIOS
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
!!!!!!!!!!!!!!!!
!!!!!!!!!!!
!!!!!!!
!!!!
!!
!
PER OPPORTUNITA’
Nulla è la vita per i re in declino
per i tiranni imprigionati
per le statue erette sulla sabbia
Instabile è la vita per noi
gente senz’altra cosa
che questa inquietudine febbrile
inquietante
utile
dominatrice
implicita
travasata
affamata
richiedente
esigente
inquadrata
vertiginosa
Rara emozione che si ripete
senza logorarsi
Che più brilla
quanto più si leviga
"Sangue di primavera,/ tutta la terra trema / di un antico tremore." (Cesare Pavese) El Retiro, Madrid, 2M4NE
PARAJODIDÍSIMAS
1
Felices edades!
2
Feliz banio nuevo!
3
Felices Reyes Pagos!
4
La historia contemporánea es más veloz
que el tiempo que necesitás para contarla.
5
Aclarando:
" Es un prosaico que dice escribir versos
y un loco, que dice ser psiquiatra! "
6
Leído:
" Toda la literatura
se construye con 24 letras".
7
Localización:
" El Infinito " está
en el arroyo Caraguatá al 884!
8
Magistral:
La identidad es la memoria!
Pero quiénes son los que recuerdan?
9
Democracia totalitaria.
Dictadura mediática.
10
Quién monta un cabayo cansao
pa'ganar una cuadrera?
11
... o encontrar el espectro del Trade World Center
en el rincón más florido de los jardines de Babilonia...
12
Paco Almazán:
"Por qué no te vas a Tebas?"
13
La Bolita
" Se necesita esquizofrénico
para hermanas siamesas...".
14
Variación Shingó, El Monje Nómade:
"Porqué si dudo que lo real lo sea,
creo sin crítica que el suenio es sólo suenio?"
15
Los esfuerzos que no hicimos
para araniar el cielo
y él estaba bajo nuestros pies!
16
Dejaste sólo la memoria de cuatro palabras
que, al ser pronunciadas, se hicieron cenizas...
17
Retrete:
"Libertad a los libres!"
18
Chicho:
"Se precisan muchas chufas
para hacer una horchatal"
19
Reparaciones:
"El pueblo argentino no nos debe nada!
El Estado argentino, nos lo debe todo!"
20
Oh!
En un santiamén, su humanismo solidario,
se le transformó en un humorismo solitario!
Buenos Aires / Madrid
2003 / 2007
"Te ví!"
"Azul Terapia"
"Volvé otro día!"
"La Prohibida"
De la serie en técnicas mixtas:"Güebos Ayres: Cortar La Cara y otras Competiciones Olímpikas"
Buenos Aires, M75NE al M79NE
PARAXODER
Poesin är en lögndetektor.
- Och vilket tecken är du född i?
-Jag? I frågetecknet...
Det är sämre med en fågel i handen
än hundra i skogen.
Jag känner mig som den mest kände
av de okända. Och den mest okände
av de kända.
Någonting styr mitt intresse mot det
lättsinniga, trasiga, onyttiga, övergivna.
Jag är en sopa.
Jag har känt många som har gjort sig
fattiga på att bli rika.
Idealisterna bygger luftslott. Dårarna
bebor dem. Psykoanalytikerna kräver in
hyran...
Det finns inget bortom.
Det finns bara ett krympande hitom.
Poesin ger näring men ingen föda.
"Poesi säljer inte...",
säger förläggaren beklämd.
"Nej, nej poesi säljer man inte"
svarar poeten stolt.
Hon säger att hon är galen av kärlek i mig
I mig! I mig! Hon är verkligen galen...
Kunskap tar ingen plats:
Det är okunskapen som tar plats.
Hon lämnade det här meddelandet på
bandspelaren: "Jag är så förtvivlad att
jag inte vet om jag ska klippa sorgerna
eller läta dom växa!"
Kärleken sätter världen i rörelse
men hungern är bränslet.
Han måste vara mycket sjuk:
han visar inga tecken till omedvetet liv,
Av en bok kan du göra
antingen en stängd koffert
eller en öppen fågelbur.
Att skänka är bästa sättet att sälja.
Poesi är att fånga vatten med nät.
Vi ser inte
trädet
för bara skog.
Den Andre
har han ocksåett jag?
Vissa dagar har jag lust att
räcka lite längre än i evighet. En människa utan framtid
är bättreän en framtid utan människor.
(Versión sueca/Tolkning från spanska: Ingrid, Stockholm)
PARAJODAS
La poesia es un detector de mentiras.
- Y tú de qué signo eres?
- Yo? del de interrogación…
Vale menos pájaro en mano
que ciento volando. .
Me siento el más conocido de los desconocidos.
Y el más desconocido
de los conocidos.
Algo desvía mi interés hacia cosas distraídas
inservibles, abandonadas, intrascendentes.
Soy una basura.
Conocí a muchos que se han empobrecido
para enriquecerse.
Los idealistas crean castillos en el aire. Los locos los habitan.
Los psicoanalistas, cobran
el alquiler.
No hay más allá.
Lo que hay es cada vez menos aquí.
La poesía alimenta pero no da de comer.
El editor, compungido, dice:
“La poesía no se vende...”
Y el poeta, orgulloso, replica:
”No, no se vende!”
El saber no ocupa lugar:
Es la ignorancia quien lo abarca todo.
Debe estar muy grave:
no da señales de vida inconsciente.
Regalar es la mejor manera de vender. .
La poesía es pescar agua con una red. .
El bosque
no nos deja
ver el arbol.
El Otro
también
tiene yo?
Ciertos días tengo ganas
de durar un poco más de lo eterno.
Un hombre sin futuro
es preferible
a un futuro sin hombres.
De osynliga ropade saker
åh, hon var olik, ärradoch hon reparerade arabhjärtan.
Är lamor på teve annorlunda
brollan rev någons busstabell.
(Versión sueca/Tolkning från spanska: David, Stockholm)
De ser käresta och lockar de ammar på mig
på mig, på mig
En stad, min käresta lockar....
Mil av dig och gravar då en eldkonstnär dör
men stoj tar, de ses, pratar
Kön av så korta armar är dess pina
Oh - din arm mellan slå och gas.
(Versión sueca/Tolkning från spanska: Sofia, Biskops Arnö)
Homónomos
De un libro puedes hacero
un baúl cerrado
o una pajarera abierta.
El amor mueve al mundo
pero el hambre es su combustible.
Dice que está loca de amor por mi.
Por mí! Por mí!
Esta sí que está loca…
Me lo dejó grabado en el contestador:
”Estoy tan desesperada
que no se si cortarme las penas
o dejármelas largas.
Cuatro poemas de su libro “Totemas y más totemas” (FPI Fondo Poetario Internacional, Madrid, 2007) traducidos al italiano por Enea Biumi
GREETINGS
Non si ritorna a vivere nuovamente.
Ciò che fu non ritornerà ad esserlo.
Commisi tutti gli errori e gli orrori possibili.
E fui perfetto, irreprensibile, olimpico
ogni secondo mitico di ogni minuto mitico
di ogni mitica ora che mi toccò vivere.
Respirai profondamente sulle alte montagne rilassate:
Cime Andine, Machu Picchu, Pirenei, Selva Negra
e anche nell’inquinato aeroporto di Ciudad de La Paz,
dove gli aerei salgono per atterrare.
Sono stato empio. Un porco con me, con i compagni,
con altri che non mi erano del tutto indifferenti.
Nessuna parola mai mi rappresentò totalmente
e mi pulii il culo con la legge, con l’onore e la virtù.
Ebbi a sufficienza viaggi e tramonti
nuotando sopra e sotto in fiumi larghi come il Paranà.
Corsi su colline ripulite dal vento degli dei.
Attraversai innumerevoli frontiere con documenti falsi
- ma non mi fu chiaro lo spinoso affare dell’identità.
Mi scacciarono come un cane, come un cane mi trattarono,
mi soccorsero come un cane d’estate abbandonato.
Dissotterrato abbracciai le lunghe mani dell’amore,
il corpo solido dell’amicizia e la causa senza limiti.
Dormii fra mammelle profumate di tutte queste cose.
Come un bimbo eruttai di soddisfazione prima di dissolvermi.
Non saprei dire se il tempo passò a mio favore.
Queste rughe profonde nel viso mi fanno sospettoso.
Queste cicatrici prodotte da rabbiosi soli,
da audaci nudità, da carezze di fuoco
svegliano negli altri fantasie persecutorie.
Ma mi comportai come un uomo: ammazzai mio padre
E giacqui con mia madre senza saperlo,
sebbene intuissi qualcosa.
Lui era il re poderoso e lei una regina vedova
quando li conobbi: si finisce per ammazzare ciò che si ama.
Il mio dramma è che i miei figli sono miei fratellastri.
Allora smisi di vedere e di godere il mondo.
I miei momenti non sono più che il medesimo tempo.
(il 30 novembre compii 61 anni e non sono vecchio
- la stessa data e anno in cui solitario in un ospedale di Lisbona
morì
Fernando Alberto Ricardo Alvaro
de Campos Reis Caeiro Pessoa.
Solamente che tutto mi impressiona come troppo veloce.
La vita marcia vertiginosa aprendosi al passo:
i bambini spingono i grandi verso gli abissi.
I grandi agitano inutilmente le braccia come ali:
nessuno di loro scapperà dalla propria condizione mortale.
Immediatamente anche i bambini muoveranno le piccole braccia come ali
quando si aprirà davanti a loro l’inesorabile cosmo.
Arriviamo sempre tardi. Nessuno anticipa niente.
Un meticcio audace, di poche vedute per questi affari,
assicurò al vicario, davanti al plotone di fucilazione,
che morire era come fare un salto nel vuoto).
Madrid
17.12.1996
NdA: Greetings: parola inglese che significa saluto, salute, ricordi. Qualcuno richiama l’attenzione su un probabile se stesso e da lì, in una panoramica visione telegrafica, comunica ad altri la sua allegria per essere vivo e per aver superato i meandri tradizionali dell’esperienza. La frase finale in corsivo proviene da un dettaglio tratto da “ Una excursion a los indios ranqueles” dello scrittore argentino Lucio V. Mansilla
IL SASSO NELL'ACQUA (*)
Hanno chiuso la tipografia e ormai non c’è né tempo né spazio per l’ultima correzione delle bozze: saremo pubblicati con errori, con orrori. Camminai fin lì portando il mio testo ordinato, rivisto, riletto cento volte. Ma la saracinesca era chiusa. Non un avviso, non un cartello di un perché o quando. Qualcosa era scaduta per qualcuno. O forse camminarono senza che nessuno udisse i loro passi. Sigillo. Cautela. E noi che volevamo far valere il valore di una scrittura pura, limpida, trasparente. Un paesaggio di sogno infantile alzato da una tenace pazienza: io stesso, a braccia aperte, dentro un’onda grande di brezza marina. O tu, pietra pulita da una corrente d’acqua infaticabile.
Madrid
23.7.2000
(*) NdT: in italiano nel testo. NdA: testo scritto in omaggio a Carmen Martin Gaite (Salamanca 1925, Madrid 2000) Poetessa, scrittrice, saggista. Con il suo volume di romanzi brevi “El balneario” , vinse il premio Cafè Gijon (1954) e il suo romanzo “Entre visillos”, il Nadal (1957) Nel 1978 riceve il premio Nacional de Literatura. Abbiamo svolto insieme delle letture poetiche nel “Cafè Manuela” di Madrid, in animati incontri organizzati dai poeti Paco Cumpian e Chicho Sanchez ferlioso. La sua grazia, nobiltà e il suo buon eloquio vivono ancora in questi spazi tanto pieni di effimere bellezze.
RULLO VIBRANTE PER INDIO JUAN
Sai che per farti
in te si concentrarono
i quattro materiali
costitutivi di tutto:
la fresca acqua azzurra
il rosso fuoco ardente
la ferma terra nera
l’aria dei sogni
Sai fratello Juan
che in te si unificarono
i quattro punti cardinali
direzioni del mondo:
l’opulento nord ricco
il povero sud affamato
l’est zoppicante
e l’ovest dove si ossida il sole
Indio compagno sai
che in te si saldano
come in un pugno chiuso
tutte le arti giuste:
la poesia nuda che denuda
la canzone che ristagna
la musica che sputa
le facce genocide
Ah mio amatissimo compagno
di cuore grandissimo
come tutto il vivo amore
per i poveri del mondo
come tutta la speranza
che ci esalta il petto
e quella fraternità universale
per la quale lavoriamo
E se oggi incrocia la tua aria
una colomba azzurra e fresca
o ricordi ardentemente
liberi versi sognati
o è nero il tuo alto pugno
che arricchisce la terra
andremo dove vai sì
dove stai staremo
Madrid
D24NE
NdA : Poesia letta in occasione dell’omaggio dal vivo dedicato al poeta e giullare, il 25 maggio del 2002, nel teatro di CCOO (Commissioni Operaie), di Madrid, dai suoi compagni musicisti, cantanti e poeti. La sua attitudine solidale lo portò verso tematiche contemporanee e testimoniali. Durante la transizione spagnola, lo Stato lo ebbe come voce narrante della “Cantata de Santa Maria de Iquique”, di Luis Advis, con Olga Manzano e Manuel Picon e con il complesso cileno “Quillapayun”. Fu presenza costante nei “Los libertadores”, sopra testi di Pablo Neruda e musica di Manuel Picon. Fu il presentatore di cento atti per i popoli che subirono rappresaglie sotto dittature infami. La sua voce registrò i culmini radianti della lucidità dei nostri poeti latinoamericani e, da quelle altezze di autentiche emozioni di resistenza e combattività, fu come balsamo per lunghi tempi di confusione, violenza e senza identità. Il suo lavoro non fu vano. La sterilità e la dimenticanza non vanno d’accordo con le nostre cause di cambiamenti profondi, umani e radicali, orizzontali e ugualitari. Nacque in Argentina, dal 1974 viaggiò e risiedette in Spagna. Morì a Madrid, il 6 novembre 2002.
STATUS
“dicono cose che poi non fanno
fanno cose che poi non dicono”
(da “parajodidisimas”)
fa’ ciò che fai
di’ ciò che dici
canta ciò che canti
scrivi ciò che scrivi
cancella ciò che cancelli
il mostro
non si muoverà
un apice
rema ciò che remi
cavalca ciò che cavalchi
a pelo o sulla sella
sembra ciò che sembri
arido o fertile
o raccogli e raccogli
non si rimpiazzerà
un apice
parla con chi parli
soffri lì dove altri godono
pesca e ripesca
cammina e cammina
protesta e protesta
non si muterà
un apice
come una roccia dentro la roccia
una montagna in una montagna
un fuoco in un fuoco
un fiume in un fiume
un ghiaccio in un ghiaccio
un vento dentro un vento
non si muoverà
un apice
inorgoglisci o supplica
ridi prima di andartene o gemi
colpisci porte su porte
porti su porti
indignati nella notte
nel giorno ripetuto
paga o ruba
aiuta o imbroglia
verrà lì immutabile
senza ascoltarti senza vederti senza parlarti
senza modificarsi
un apice
A Francisco Squeo Acuña
Fraternamente
M669NE
NdA: nel marzo del 2006, a 30 anni dal golpe militare genocidi della giunta militare in Argentina, moriva in un tragico incidente, chi mi fu collega ed amico fraterno: Squeo Acuña. Poeta con forti e sonori profili tellurici, animoso e animatore la sua parola era aderente alla vita. Che sempre celebrò con ammirabile tenerezza e dono di umanità.
TOTEMAS
mi maestro es oscuro
no tiene condición:
cada tanto
se parece a un nombre
quien no sea capaz
de leer un relámpago
será declarado
oficialmente muerto
pero si éstos tuvieron
delante de sus ojos
un nuevo mundo
y tardaron un siglo
en darse cuenta
que no eran
las indias orientales!
los peces fabulosos
siempre escapan
por los hilos rotos
de las redes de oro
suenio:
según mi
cuniada
dieciséis
con ironía
con noblesa
con hermosura
me habló la muerte
tito gómez:
vinimos a caer
al cementerio de los elefantes
cuando ya todos
eran petróleo
surrealistas socialdemócratas
jorge alemán:
los ninios son freudianos
aquel dibujante gordo
cuidaba poco su línea
juana botet:
mi poesía no se vende
pero se fía
qué bien que le queda
el negro a las rubias
sabés porqué la estranio?
porque cuando eya no está
falta mantequiya en casa...
suenio:
yesqueroeseda
yo bailo
chacarera
zamba
hay magnates
diplomáticos
mujeres seductoras
que mueven
muy bien
el culo
mi padre
con sombrero
va al hipódromo
edipo en granada
confundió a layo con drácula
y le clavó a su padre
un palo de fregona
en el corasón
el pecho del músico
tocó el último acorde
ardés perfumadamente
como si estuvieras hecha
de sándalo seco
no es
que saber sea
saber de un nuevo olvido
suenio:
elmundoestutemplo
hermosa
la ceremonia está servida
con tu notable presencia
nos secamos
mutuamente
el sudor
valeroso
de los guerreros
recordá
que nos reúne
la voz de los vencidos
los suecos de doñana
son los del nobel!
el holocausto próximo
será para todos
los jaivas:
lo mejor que nos pasó en esta vida
es no ser capitalistas
" arrimate a los gordos:
jamás te faltará de comer..."
mario erlich:
si me asaltan
más que la amargura
qué me pueden robar?
comienzan a quedarme lejos
mis propios pies
la muerte te quita
las ganas de todo
ni siquiera
con todo lo que fue
bastó
Buenos Aires / Madrid
1997 / 2000
MÁS TOTEMAS
el amor no es
cosa de dos
sino cosa de todos
pintada:
te dejaré de amar el día que un pintor
pinte en la tela el ruido de una lágrima
perro que me mira
con ojos de holocausto
y Eya,
seca:
me montás
me matás
me mentís
abrió
todas las ventanas
de los cerrados días!
todas las puertas
de los anios
censurados!
comunistas consumistas
algunos deberían
padecer un infarto
para convencernos
que tienen corasón!
la poesía es
pan para hoy
y hombre
para el maniana
se multiplica
mi cabeza
por mil
cuando
te pienso
anarkos:
el pueblo
unido
se arregla
sin partido!
es un país tal
que hasta
a los humoristas
los hace
yorar...
la policía
me detuvo
en la caye
por portación
de inconsciente!
columnistas calumnistas
no le digo
que la quiero
mucho
porque
me parece
poco
quien
no tiene
cargos
tiene
cargas!
él era
su propia
termita
peronistas borgianos
juanjo:
hay unos
que viven
del recuerdo
y otros
que viven
de memoria...
libertarios propietarios
mi drama
consiste
en que
escribo
para
analfabetos
manolo montalbán:
" tener
un solo amor
es como
leer
un solo
poeta "
también
el diluvio
universal
comenzó
por
una nubesita...
los viejos
se sientan
al sol
para secar
las últimas
hojitas
de esperansa
hay
un palabra
drogada y adicta:
la poesía
es
su antídoto
Alzheimer:
...que yo
no te recuerde
no
quiere decir
que vos
me olvides...
el amor
mueve
montanias
( por eso
será
que hay
tantos
desiertos...)
Buenos Aires / Madrid
2001 / 2007