Maria Grazia Ferraris
MARIA GRAZIA FERRARIS
(La sumènza du la nòcc)
40 poesie – brevi, incisive, liriche originali - nella nostra lingua varesina, con traduzione a fianco.
Ottima traduzione, ma più intrigante e vero il testo dialettale!
L’ex-ergo evoca i quattro elementi fondamentali dei filosofi presocratici: acqua, aria, terra e fuoco, accompagnati da tre elementi fondanti di grande simbologia: Luce- Polvere- Cenere, vale a dire il qui-ora e l’oltre, la vita e la morte: un mondo, il mondo.
Il titolo infatti li riassume: “ La semènza du la nocc…” (Il seme della notte).
La ricchezza della perdita.
La lirica che fa da incipit è “una libera traduzione di un verso delle Bucoliche di Virgilio” : notte, ombra, tetti che fumano, il riposo di uomini e animali…
Fascino immortale dei classici.
Una chiave importante di lettura infatti è quella paesistica: la neve che gioca, la luna solleticante, l’uva di Angera, il gelso di villa Costa, il fontanile di Orino, l’Olona che salta e fa bisboccia, il lago lucente,…”il cinema aperto della natura”.
Ma la natura, il paesaggio, i luoghi, le cose sono sempre metafora di stati d’animo, di sentimenti veri, profondi e nuovi, evocativi come le domeniche a raccogliere mughetti al Brinzio o il sole inchiodato ai rami come un paiolo sul camino…mentre il vento s’arrampicava nel giardino…. con l’augurio che la natura acconsenta, benevola, a far tardare l’autunno..
Notevole anche il tema dei sentimenti ultimi, mai esibiti, permeati di malinconia: “chiara e scura è la vita/come un sentiero in mezzo a un bosco”
( ciàra e scura l’è la vita/ ‘m’è un santée ‘n mèzz a ‘n bòsch) …, il rifiuto del dolore gratuito “perché i dispiaceri/arrivano/ come mosche intorno al letame”…
e “su queste ossa malmesse o abbacchiate/ mi butta addosso il senso della morte”( e sü ‘sti òss malandàa e mòcc/ al ma trà adòss la semènza du la nocc ) ,
mentre l’amore torna ad essere consolante nei suoi dettagli minimali: “Forse sono i tuoi occhi neri/ come l’uva americana/ che si sono fissati dentro/ nella mia mente”(Fórzi hinn i tò öcc négar /‘mè l’üga ‘mericàna /che s’hinn fissàa dènt in la mè mèent).
La forza e l’originalità di questi versi sono ben espressi nel sogno ironico e surreale, di un umorismo pieno di grazia e di gusto giocoso di un Domeniddio in bicicletta che pedala su una rampa dell’universo, barba e capelli scalpitanti al vento (Ho sugnàa Domineddìu in biciclèta…)
Sembrano semplici, facili queste poesie: non lo sono affatto. Tradiscono conoscenze letterarie robuste, gusto dell’analisi e del dettaglio, giocati su sineddoche, sinestesie, allitterazioni, metafore, analogie, intuizioni psicanalitiche fulminanti…
Queste poesie ignorano la banalità, quel tergiversare che si consuma nel nulla e talora protegge dalla violenza della verità, impedendo di sporgersi nel vuoto.
Ottimo lavoro.
M.Grazia Ferraris