giosuè romano
GIOSUÈ ROMANO
II teatro di Giosuè Romano
"II teatro! Ma, cos'è il teatro? A cosa serve il teatro?" Alle provocazioni di Cosimo, Tommaso Sansone, un anziano, malandato e triste attore, vestito da Pulcinella (sono entrambi personaggi della commedia "Pulecenella") risponde così: "È civiltà! Il teatro è civiltà! Il teatro alimenta le speranze degli uomini: la recitazione rende le storie immortali!"
Eppure, secondo me, non basta ancora. Forse una definizione in grado di spiegare (una volta per tutte!) cosa sia il teatro non esiste. È illusione? Realtà? Incubo o speranza? Dramma e risate? Magia? Un bisogno irrefrenabile di spogliarsi e rivestirsi? O, magari, il teatro è uno specchiarsi reciproco tra scena e platea? Quanti e quali fili sottili collegano e legano indissolubilmente attori e spettatori? Quanti e quali sogni condividono i cuori degli uni e quelli degli altri? Non lo so. È un rompicapo che non sono in grado di risolvere; una matassa troppo ingarbugliata.
Una cosa, però, posso testimoniare: il brivido che mi corre lungo la schiena mentre si apre il sipario... da qualunque parte mi trovi.
E allora, forse, il teatro è proprio questo: un'emozione, solamente un'emozione da condividere.
Giosuè Romano è nato a Scafati, in Provincia di Salerno, il 1° gennaio
1952. Dopo la maturità scientifica si è laureato in Filosofia presso l'Università Federico II di Napoli. Da circa trent'anni vive a Malnate in provincia di Varese e qui insegna Letteratura italiana e Storia in una Scuola Superiore. Sposato con Tina (una compagna di liceo) ha due figli: Francesco e Rosaria. Memore delle sue origini culturali e da sempre appassionato di teatro, tonda nel 1993, insieme alla moglie e ad un gruppo di amici, l'associazione teatrale "I tra-ballanti" di cui è autore e regista.
Dalla prefazione di GIOVANNA MARINI:
Così ho avuto modo di conoscere questa Tetralogia dove un pezzo, "Pulecenella", è classico per l'ambiente tipica della Commedia dell'Arte gli altri: "Tabacco olandese", "Ofelia non mi piace!" e "Che guaio essere ammalati!" se ne discostano per mancanza di maschere tipiche pur rimanendo nell'ambito del teatro classico napoletano che va da Raffaele Viviani fino ad Eduardo Scarpetta. Quello stesso teatro che ha contribuito a formare la cultura tipica napoletana i suoi modi di dire e le sue famose frasi di saggezza. Giosuè Romano ne è un cultore. E infatti i suoi schemi di scrittura sono quelli tipici della commedia napoletana classica nutrita di storie e canovacci; dalla Commedia dell'Arte fino al Boulevard (forma di teatro popolare parigino), si direbbe che nulla è cambiato, e penso proprio che nulla debba cambiare, perché questo genere di teatro è rituale. Il pubblico si diverte a sentire i dialoghi, e della trama, forse, si interessa poco, perchè è comunque, e dev'essere quello per l'appunto, rituale: il marito disperso in guerra, la povera vedova assediata da voraci pretendenti, come accade in "Tabacco Olandese", è una trama certamente non nuova, ma, quello che rende il pezzo godibile è proprio la leggerezza dei dialoghi, l'ironia che arriva a momenti esilaranti compensata subito da momenti di dialogo serio nel quale filtrano concetti anche educativi senza mai divenire propriamente didascalici
In "Pulecenella" abbiamo un esempio di commedia dell'arte concentrata, non manca nulla, ci sono anche i Turchi oltre che uno schema tipico di commedia napoletana, e cioè quello, sempre esilarante, del "teatro nel teatro", schema che Giosuè Romano
usa anche nell"'0felia non mi piace".
E che dire della trama di "Che guaio essere ammalati!" in cui un insegnante, solo e pieno di acciacchi, aspetta trepidante quattro numeri di una quaterna secca, ma la moglie scettica, approfittando della sua assenza, non li gioca mancando l'appuntamento con la vincita. Poi, finalmente a bilanciare la situazione e a sciogliere i nodi della commedia è l'intervento risolutore del genitore "buonanima" (grazie alla "raccomandazione di un Santo che tiene in Paradiso"). La famiglia vince, e così la commedia
termina nel giubilo generale. Forse...