Elena Fiume - eneabiumi

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Elena Fiume

"È IL MIO CUORE IL PAESE PIÙ STRAZIATO":   L'UMANO LIRISMO DEI LUOGHI
di Elena Fiume

Uomo e spazio, luoghi e poesia; guardare, conoscere e riconoscere. Riconoscersi, forse. L'uomo adatta i territori a sé e i luoghi, così trasfigurati, diventano pura espressione di ogni suo aspetto, vizioso o virtuoso. L'opera di Enea Biumi si apre con un'intima visione del Seprio - storica regione della Lombardia- lirico, perché tornato a nuova vita. Ciò che circonda il poeta ed è da questi contemplato, diviene, nella sua mente, allegoria della storia dell'uomo.
               "La notte, in un sol tempo, copre il giorno
              e le speranze, invano lamentate.
               per vicendevole pietà - attorno
               è silenzio di cose contemplate-
              (...)
               Ed una chiesa di stile barocco,
               incerta, si leva a forma di croce:
               e si quieta il passo allo scirocco
              che improvviso insorge e, veloce,
              verso una quercia arabesca, incolore,
              mentre si spegne ora la mia voce:
              e un apolide senso del dolore
              investe ogni mio gesto, e le memoria
              ricusa anche il passato, lo splendore
              del tempo, architetto della storia,
              pietra gelida del Seprio, annerita,
              distrutta già per sempre la tua gloria
              per tutti divenuta proibita.
              E come questa torcia sui sentieri
              che adombrano la vita ormai imbrunita
              si smorzano nel buio i miei pensieri"

Passato e presente s'incontrano continuamente, come attori sulla scena. E la scena stessa, presente e vicina, porta le vestigia di un passato assai lontano, dimenticato dai più, dissacrato talvolta.

              "Su putride acque
              Acherontee
              All'isola Virginia mi trasporti,
              lagostagno
              che smarrisci il cuore.
              Nel caldo umido
              Ferragostano
              (Vexilla Regis Prodeunt Inferni)
               Oltre le alghe
              L'anima
              Si muore "

               E l'uomo è sempre in movimento, sempre in ricerca. Una ricerca forse goffa, inutile, ma inevitabile perché costitutiva della sua stessa natura.

               "Siamo come Ulisse
               viaggiamo per scoprire
               con la luna che incorona
              questa nostra vanità.
              Siamo solo un 'ombra
              stampata dal sole
              su mura vecchie
              di una vecchia città "

           L'uomo è la sua storia. È questa che lo rende unico ed irripetibile, che lo differenzia dagli altri esseri umani, che lo contraddistingue in quanto singolo. Ma, al contempo, la sua natura è fondata su un paradosso: è la propria quella fondamentale diversità dagli altri che lo rende parte di un'unica comunità. Al di là delle differenze tutti gli individui condividono, infatti, la medesima umanità e questo permette al singolo di sentire ciò che l'altro sente, di creare quella "comunione d'amorosi sensi" che supera il particolare, l' hinc et nunc. L'intimo dialogo con i grandi uomini del passato è possibile proprio in virtù di questa caratteristica fondante la sua natura.

              "Caro Amico e Poeta
               C'incontrammo -certo- all'Isla Negra
               In quel tuo memoriale d'infinito
               Tra le metafore del giorno e della notte
               Sul cammino dell'Inca derubato
               Tra i taxi cholo di Ayacucho e di Trujillo
               La dove Cèsar cantò
               La sua malinconia ".
                           
Ogni luogo porta i segni del passato, della sua sofferta storia, e la sensibilità kantianamente intesa, permette all'uomo dapprima di intuire il sensibile, poi di sussumere l'intuito sotto un unico principio ossia che lo scorrere del tempo è assolutamente ineluttabile.

               "Ecco cosa resta:
                un firmamento sordo,
                senza stelle, e la clessidra
                che mai più s 'arresta,
                capovolta solo per me:
                ribelle ".
                                                              Elena Fiume

(N. 49/2010 de IL FILOROSSO - semestrale di cultura diretto da Gina Guarasci)


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