Andrea Rompianesi (Sfulcitt)
La vita come affanno nella citazione da Lucrezio, autore amato da Enea Biumi che in questa sua opera poetica in lingua varesina, proposta con la relativa versione italiana, attinge dalle grazie inesauste della quotidianità esposta nel teatro della natura, quelle sensazioni accese nell’attimo del passacuore, nella dicitura limpida del presagio, attraverso la sedimentazione di una malinconia. E’ una osservazione liminare alle soglie di una funzione che abita l’espressione interrogante, al calmo sentire della brezza percepita; così l’andare della poesia stessa e il guardare i riflessi contingenti: “La vàrdi vugà via/ tutt a un bòtt/ senza paròll”, “La guardo volar via/ improvvisamente/ senza parole”. Una riscrittura in due lingue specifiche, quella di Biumi, più che una traduzione; quasi una mutabilità di accensioni sonore nella concentrazione delle sillabe, del ritmo anche notturno che evidenzia le incertezze e i dubbi rivisitati attraverso correlativi panici. Il vento anima le eccezioni, le conduce nello scorrere impassibile dei mesi e delle stagioni; acconsente nell’ambiente ad una osservazione che può essere lamento ma non ignaro di una ironia gentile e contemplativa. Il sogno ripercorre, a volte, l’insenatura del tempo per recuperare i minimi atti di un’era lontana che riemerge nella peculiarità di uno stimolo sempre sensitivo. Ancora sussurra l’anelito ungarettiano dell’essere creatura ma nel confronto della pietra con il pianto che non si vede, con le attese cadute, le stanchezze; nel verso che il poeta pone a chiusura di una sua poesia: “e sunt un sass”, “e sono un sasso”. L’istante fermo del silenzio che comporta tutta la serietà della scommessa che segue il dubbio, ma anche della dolcezza espressa dal sentimento amoroso che contrasta la fatica dei giorni, il male di vivere. Ci sono voci che giungono da suggestioni antiche e agresti, da estensioni seduttive e osservate nelle variazioni cromatiche dei tramonti, nell’accendersi delle parole, nelle titubanze che determinano il nostro procedere. Fiati di vento e cortili d’infanzia, “il sole nasconde il caldo/ dietro nuvole nere come corvi”, respiri emergono dalle stanze dell’ascolto, pergole e lacrime, tutta la dimensione esistenziale che Enea Biumi raccoglie, filtra ed interpreta con sensibilità acuta e ponendo quel punto di domanda che non esclude il timore della mancanza: “Uramài i campàgn/ hinn di sfulcìtt/ ca gìran a tùrna ai pòbi/ e ai scarpà di rùng”, “Ormai le campagne/ sono inganni/ che si aggirano fra pioppi/ e argini di rogge”. Inganni appunto, ma anche estreme aperture, ostinati aneliti nell’attimo in cui “Lusingano sempre/ i rami fioriti del ciliegio”.
Andrea Rompianesi