Michele Mancino - eneabiumi

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Michele Mancino

Bosinata

S'intitola "Bosinata" l'ultimo romanzo di Enea Biumi. Un titolo che si presta ad una doppia interpretazione, rischiando di essere fuorviante per il lettore. Bosinata non è infatti un libro localistico o provinciale. "Le cose varesine", raccontate da Enea Biumi, hanno solo nella forma degli innesti dialettali, nei ricordi di una borgata gaviratese e della Biumo Superiore di mammadora, l'unico aggancio con lo spazio e il tempo bosini. Avvicinarsi alle figure e alle questioni di "casa", compreso il dialetto, è solo uno strumento che l'autore utilizza per raccontare il vissuto, il microcosmo e la psicologia che anima la vita dei personaggi della famiglia Diemme.
In Bosinata c'è l'evidente volontà di raffigurare il riflesso psicologico della vita: le aspirazioni, i vizi e le virtù di mammadora, la presenza-non presenza del sedicenne Andrea che, dei Diemme, sente solo il peso del nome e della storia, ostacolo perenne ai suoi desideri festaioli, causa-effetto dei suoi tormenti adolescenziali. Non poteva mancare poi la figura del reverendo, Don Sarti, non un prete bello alla Parise, ma un prete saggio, con tanto di vocazione tardiva e background comunista. In Bosinata c'è posto anche per l'inglesa, che, del carisma di ciò che è forestiero, conserva solo il soprannome, e per la Santona, sciamano e stregona di paese.
Undici sono i personaggi che compongono questo microcosmo, undici sono i capitoli del libro. Biumi utilizza il dialetto in modo sobrio ed equilibrato, senza snaturare mai il ritmo del racconto e la freschezza dei personaggi, e, soprattutto, senza scadere nella trappola del facile provincialismo. L'alternanza continua del linguaggio, la commistione di espressioni gergali con espressioni ricercate e auliche non disorientano il lettore. Biumi si rifà - per sua stessa ammissione-, a Gadda e Testori, ma Bosinata ricorda, per atmosfere e caratteristiche dei personaggi, i divertenti e fantasiosi affreschi degli scrittori yiddish di fine Ottocento, nei quali è il ritratto psicologico dei protagonisti a definire il contesto e lo scenario delle vicende raccontate. Enea Biumi racconta con ironia e delicatezza, ma non dichiara mai esplicitamente la nostalgia per un mondo che, per sua stessa natura e per l'indole dei personaggi che lo popolano, è destinato, ineluttabilmente, a trasformarsi in ricordo.

Enea Biumi, nel solco di Gadda e Testori


Si chiama Enea Biumi, ha da poco passato la cinquantina. Insegna Letteratura e Storia. Scrivere è una passione: si è cimentato con la poesia, è autore di un'opera teatrale, ha collaborato con varie riviste tra cui "Tracce", "Il Sabato" e "Il Majakovskij". Da qualche mese ha esordito anche come romanziere: il suo libro s'intitola Bosinata, è pubblicato da Scrittura Creativa Edizioni e distribuito in tutte le librerie Feltrinelli.
Perché il titolo Bosinata?
«Richiama la voglia di scherzare e guardare i personaggi da dentro. È un titolo che vuole essere un contenitore e non un riferimento reale al romanzo»
Quanto c'è del suo vissuto varesino in questo libro?
«Alcuni personaggi richiamano persone che ho conosciuto e alcune con cui ho vissuto. Ad esempio, mammadora ricorda un po' mia madre. I luoghi descritti ne ricordano alcuni della mia infanzia».
Nel libro ci sono innesti in dialetto, una scelta solo stilistica? A che dialetto si è ispirato?
«Sì, ci sono delle espressioni dialettali. Mi sono rifatto alla tradizione letteraria di Gadda e Testori, in particolare a Bertini; Il dialetto è un po' milanesizzato, una scelta dovuta vuoi per la grande tradizione letteraria di questo dialetto, vuoi perché non c'è un'uniformità di vedute circa il dialetto varesino».
Bosinata ha la struttura classica del romanzo?
«No, non segue il racconto tipico e classico del romanzo. Ci sono undici capitoli a cui corrispondono circa undici personaggi. È descritta una famiglia, l'epoca sono gli anni '50. Una scelta più dettata dal caso. La figura centrale è il figlio che non appare mai»
Cosa cambierebbe se potesse tornare indietro?
«Forse in alcune parti è ancora troppo aulico, ricercato. La stesura finale è durata un anno, anche se per due tre anni ho continuato a limare il testo più possibile alla ricerca di un equilibrio espressivo». 




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